Esperti e commissioni sono giunti alla conclusione che le vaccinazioni troppo ravvicinate e le anamnesi insufficienti siano probabile cause dei tumori e delle morti dei soldati italiani. L’Esercito però non riconosce la correlazione. Rivelazioni nell’inchiesta del quotidiano Repubblica.
La Commissione Uranio Impoverito ha trovato
una nuova probabile causa dell’elevato numero di neoplasie registrate tra i nostri militari; lo rivela una inchiesta del quotidiano Repubblica. L’audizione di un giovane caporal maggiore gravemente malato. L’esperto: “Non sono sbagliati i protocolli, ma le modalità, i tempi e i controlli sulle somministrazioni”. Dati impressionanti, ma l’esercito non riconosce il nesso causale.
Da Antonio Giordano, presidente dello Sbarro Institute di Philadelphia al professor Giulio Tarro,
arrivano conferme: le vaccinazioni troppo ravvicinate, le anamnesi insufficienti possono essere all’origine di morti o malattie dei nostri militari.
Intanto Santa Passaniti continua
la sua battaglia; nel 2002 il figlio è deceduto per un linfoma di Hodgkin: “Francesco – accusa – è morto per una malattia provocata. Da quando non c’è più ho dedicato ogni giorno della mia vita a capire perchè. Ho fatto viaggi, telefonate, riunioni interminabili, speso giornate e notti intere”. E confida: “Qualcuno molto in alto mi ha detto di stare attenta perché dalle mie parti nelle strade c’è molta nebbia e si possono fare incidenti facilmente”.
Erasmo Savini ha 31 anni ed è stato caporale maggiore dell’esercito in Kosovo. Come tanti suoi colleghi in divisa, è stato costretto negli anni anni a sottoporsi a vaccinazioni continue e potenzialmente dannose, ma senza speciali protezioni per difendersi dall’uranio impoverito.
Oggi lotta contro il cancro, continuando cicli di chemioterapie intensi e ravvicinati, che gli sono costati il posto di lavoro.
Francesco Rinaldelli, alpino, 26 anni, è morto di cancro nel 2008. Era stato sottoposto a una serie di pesanti vaccinazioni, poi l’avevano inviato a Porto Marghera a respirare diossina. Il papà, da allora, raccoglie prove. Sarebbero 3.500 i militari monitorati.