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Viviamo più a lungo, ma da malati!

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Viviamo a lungo ma sempre meno in salute: l’Italia è il paese europeo dove è più marcata la riduzione dell’aspettativa di vita sana alla nascita. Eppure quasi nessuno ne parla. Le cause? Gli stili di vita influiscono certamente, ma…apriamo gli occhi anche sul nostro ambiente e sulle nostre condizioni di vita.
Secondo i dati Eurostat al 2012(1), dal 2004 l’aspettativa di vita sana in Italia è andata diminuendo progressivamente, arrivando persino a toccare livelli al di sotto della media europea, soprattutto per le donne. Ma cosa si intende con aspettativa di vita sana alla nascita? Si tratta dell’età fino alla quale possiamo aspettarci, sulla base dei dati esistenti, di vivere in salute; di lì in poi la nostra vita potrà proseguire ma da malati, con una bassa qualità e spesso con invalidità significative. Se nel 2004, gli uomini potevano attendersi di vivere in salute fino a 68,7 anni, nel 2012 (dati dell’ultimo aggiornamento disponibile a marzo; ulteriori dati dovrebbero venire resi disponibili già da questo mese di maggio) la media era già scesa a 62,1, al di sotto della media europea che si attesta a 62,3 anni. Per le donne, nel 2004 vi era una aspettativa di vita senza malattie fino a 71 anni, mentre nel 2012 era già scesa a 61,5, con una perdita netta di quasi 9 anni. Sebbene dunque le donne siano più longeve, trascorrono più anni in peggiori condizioni di salute rispetto agli uomini. Colpite da malattie meno letali ma spesso più invalidanti, in media trascorrono circa un terzo della loro vita da malate (32,1%), contro un quarto degli uomini (24,9%). Significativo il confronto con la Grecia, oggi sotto a un fuoco di fila impietoso per la povertà e le condizioni economiche, che però mantiene un’aspettativa di salute ben maggiore della nostra. Quindi…non è solo il Pil che ci fa crescere e invecchiare forti e sani! Peraltro le medie non permettono di capire se il paese, per esempio, presenta condizioni omogenee in tutte le regioni oppure no. I dati disaggregati ci dicono che nel Mezzogiorno si vive meno e in condizioni di salute ancora peggiori o con limitazioni nelle attività quotidiane(2).
La salute perduta
Ma come mai e a causa di cosa abbiamo dilapidato un patrimonio di salute che, fino a una decina di anni fa, aveva raggiunto standard di tutto rispetto? Come mai non si è corsi prima ai ripari, quando la situazione ha iniziato a rendersi evidente grazie ai dati? In fondo la salute rappresenta un elemento centrale nella vita della popolazione e una condizione indispensabile ed universale 
 per il benessere e la prosperità. A meno che…le priorità e gli interessi di chi governa, chi decide e chi informa non siano altre!
Gli stili di vita
Gli stili di vita condizionano senza dubbio il rischio di contrarre numerose malattie e i loro effetti sono rilevanti, magari a distanza di tempo. Istat inserisce fra i fattori di rischio: l’eccesso di peso, la sedentarietà, un’alimentazione insalubre, il consumo di alcol. Ma se ci fosse di più? Se i pericoli si annidassero anche nell’ambiente intorno a noi, sempre più compromesso, bistrattato e malgestito da politici per nulla lungimiranti e business man con pochi scrupoli? Se fosse questa sinergia negativa tra cattive abitudini, condizioni sociali di vita e ambiente inquinato a erodere il nostro patrimonio di salute?
«Una delle più frequenti obiezioni che viene mossa a noi medici accusati di allarmismo è che, in barba ai rischi ambientali, la speranza di vita – almeno nei paesi occidentali – non solo è cresciuta, ma sta ulteriormente aumentando» spiega l’oncologa Patrizia Gentilini, che fa parte dell’associazione Medici per l’Ambiente-Isde.  «Sembrerebbe quindi che i veleni (metalli pesanti, agenti cancerogeni, diossine, particolato ultrafine, pesticidi, radiazioni e chi più ne ha più ne metta) per i quali tanto ci agitiamo non siano poi così pericolosi né in grado di danneggiarci più di tanto. Ma i dati, purtroppo, non mentono: nel nostro paese si vive a lungo ma dal 2004 è diminuita drasticamente la speranza di vita in salute. Viviamo da malati, le disabilità compaiono prima e tra le donne si registra addirittura una recessione che non ha uguali in altri paesi europei. La nostra salute sta rapidamente deteriorandosi per l’aumentare di patologie cronico-degenerative, in particolare malattie metaboliche, diabete, ipertensione, patologie endocrine, neurodegenerative (in particolare malattia di Alzheimer e morbo di Parkinson) e disturbi neurocomportamentali: per le patologie dello spettro autistico vi è stato nei bambini un incremento di prevalenza da 1 caso ogni 1200 a 1 caso ogni 88 bambini in tre decenni. Anche il cancro, in particolare  alcuni tipi di tumore quali prostata, pancreas, mammella, tiroide, linfomi, è in aumento e ciò che più sconcerta è che ormai ad esserne colpiti non sono solo gli anziani, ma sempre più spesso giovani e bambini».
I fattori ambientali
«Dobbiamo chiederci se altri fattori possono entrare in gioco, non solo legati allo stile di vita» prosegue la dottoressa Gentilini. «Dobbiamo considerare i fattori ambientali: dove viviamo, quali inquinanti ci sono nell’aria che respiriamo o nel cibo che mangiamo. Per esempio, pensiamo a quanto cruciale sia la via intrauterina per la nostra salute durante tutta la vita. Ebbene, numerosi studi condotti in Europa e Stati Uniti hanno rilevato la presenza di centinaia di molecole chimiche di sintesi, molte delle quali tossiche e cancerogene (mercurio e metalli pesanti in genere, ritardanti di fiamma, pesticidi, PCB e altre sostanze che alterano il sistema endocrino), nella placenta e nel sangue cordonale e lavori pubblicati su prestigiose riviste come Lancet hanno messo in relazione  l’insorgenza di tumori e disturbi cognitivi nell’infanzia  con esposizioni ambientali». Avrà mai un peso il fatto di essere al 72esimo posto nella classifica di Transparency International dopo Ghana, Romania e Brasile? «In genere, un  paese corrotto non paga solo un prezzo sul piano economico, ma anche sul piano ambientale e sanitario  perché i controlli sono assenti o inadeguati ed un paese più inquinato è anche un paese più ammalato» dice Gentilini.
Dati oscurati
«Parliamoci chiaro; la verità qui è che si oscurano i dati reali, è che da dieci anni gli epidemiologi sanno queste cose ma vengono taciute e nessuno muove un dito né per informare né per agire» spiega il dottor Valerio Gennaro, epidemiologo dei medici per l’ambiente che lavora all’istituto tumori di Genova. «Di conseguenza non si fa la prevenzione principale, quella primaria, che deve andare a rimuovere le cause delle malattie ambientali oltre che sociali per mantenere in piena salute tutte le persone. Nel nostro paese si fa quasi esclusivamente prevenzione secondaria, quella per intenderci degli screening di massa, che favorisce l’industria della diagnostica e della cura, ma che non rimuove affatto ciò che ci fa ammalare in massa». Gennaro propone un radicale cambio di paradigma e una sorte di par condicio tra prevenzione primaria e secondaria. «Vogliamo pensare che si debba comunque far soldi? Che solo quello conta? Ebbene, almeno facciamoli con la salute invece che con la malattia. Se siamo sani spenderemo di più in vacanze, piaceri, cultura; se siamo malati spendiamo solo in medicine ed esami. Cosa cambia? Cambiano le tasche in cui va a finire il denaro; si tratta semplicemente di capire se vogliamo smetterla di essere schiavi di certi affari. Dobbiamo eliminare le storture di cui siamo vittime. Gli screening vanno fatti oltre che sulle malattie genetiche, anche sulle cause ambientali e sociali delle malattie; le diagnosi non possono limitarsi al singolo, ma deve essere considerata la salute ed il benessere dell’intera comunità perché così si individuano e si possono risolvere i rischi collettivi, sociali ed ambientali, appunto. Bisogna cambiare strada e bisogna farlo in fretta; dobbiamo capire davvero come sta la popolazione. Come mai, ad esempio, dal 2006 le donne italiane stanno regolarmente peggio degli uomini? Nel resto dell’Europa non è così. Se avessimo fatto il periodico esame epidemiologico dei dati sanitari già presenti (su ricoveri, mortalità, malformazioni, abortività, nati pretermine, nati sottopeso, ecc.) avremmo potuto conoscere in tempo reale questo spread e magari avremmo potuto decidere di agire di conseguenza».
1 http://ec.europa.eu/health/indicators/indicators/index_en.htm: clicca a destra su “Choose your indicator”, selezionare “Health statuts indicator”, poi cliccare su “Health exectancy: Healthy Life Years from 2004 onwards” e selezionare il sesso e il periodo che interessa.
2 www.istat.it/it/files/2014/06/01_Salute-Bes2014.pdf. Da notare come il rapporto Istat esponga dati che non collimano con quelli forniti da Eurostat. Infatti, parla di aspettativa di vita sana al 2012 di 59,8 anni per gli uomini e di 57,3 anni per le donne. Inoltre la frase «Nel periodo che va dal 2009 al 2012, il numero di anni vissuti in buona salute è aumentato di 2,1 anni per uomini e 2,2 per le donne» non trova riscontro nelle tabelle Eurostat, che invece dimostrano un calo.
SONO USCITI DI RECENTE ANCHE I DATI AGGIORNATI AL 2014

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