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Altroconsumo attacca il bio? Rispondiamo coi fatti

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La copertina di settembre della rivista Altroconsumo getta forte discredito sul biologico. E le associazioni di settore, Federbio in primis, rispondono per le rime. Gli studi dimostrano che bio è meglio, sia per la salute che per l’ambiente.  
La rivista Altroconsumo ha dedicato la copertina al tema del biologico, con una frase ad effetto “Non crediamo in bio” che ha fatto balzare dalla sedia molti consumatori, e ha suscitato forti reazioni da parte delle associazioni impegnate nel settore.  “Chi sceglie il bio per motivi salutistici sappia che spende di più per una ragione infondata” è una delle sentenze al tritolo diffuse dalla rivista, generalmente letta e apprezzata da diversi consumatori che sono poi anche nostri lettori . Alle frasi forti ne seguono altre più ambigue, come “più antiossidanti ma anche no”, che rischiano di confondere più che chiarire.
L’inchiesta è corredata da considerazioni lapidarie, che a dire il vero stridono di fronte all’evidenza del test riportato in bella vista nella scheda di confronto tra i campioni acquistati nei negozi, che rileva un dato chiaro e inoppugnabile: nei prodotti bio non sono stati trovati pesticidi, mentre nei prodotti convenzionali, se ne trovano di diverse specie simultaneamente. Del resto l’autore dell’articolo riconosce che “il contenuto di antiossidanti è maggiore nei vegetali bio”. Però i numeri sembrano non bastare, e il giudizio rimane piuttosto pesante.
Molto duro il commento di Federbio, a cui si associa quello dell’Associazione per l’Agricoltura BIodinamica: “Un articolo tessuto con la tecnica di mescolare imprecisioni, mezze verità e dati di provenienza anonima per convincere i propri soci, o meglio dire clienti, a non credere più di tanto al bio negli acquisti per la propria famiglia”.
Federbio punta il dito su diversi aspetti controversi, e in particolare sulle raccomandazioni finali, che cercano di rendere accettabile anche il consumo di frutta e verdura convenzionali. “Il consiglio della rivista che fa capo alla società anonima lussemburghese è chiaro: cuocere sempre l’ortofrutta convenzionale (uva, fragole, insalata, cetrioli…), guai a far minestre, brodi e zuppe di verdura convenzionale perché “L’acqua di cottura è meglio non riutilizzarla”.
A voi sembra “normale” e accettabile coltivare, e acquistare, prodotti alimentari che dovete per forza sbucciare e cuocere, anche se, ricorda la rivista, alcuni pesticidi resistono anche alla cottura, per di più buttando l’acqua di cottura? E non è che il brodo andrà smaltito come rifiuto speciale? Sulla sbucciatura, poi, ahimè, non ci siamo proprio: Altroconsumo sembra esser rimasto agli anni ’70, quando gli insetticidi erano prevalentemente “a pronto effetto”, a “effetto topico” o “per contatto” (cioè per farla semplice: il pesticida veniva spruzzato sull’albero e rimaneva su foglie e buccia, espletando la sua azione a livello locale, senza penetrare più di tanto all’interno del frutto). Da anni, invece, la caratteristica dei pesticidi è di essere progettati con “effetto sistemico”: la molecola del pesticida attraverso le foglie, le radici o addirittura attraverso il trattamento del seme, penetra nel torrente circolatorio della pianta (il sistema linfatico) e da lì si distribuisce in tutte le parti della pianta) o citotropico (cioè i grado di penetrare nei tessuti prossimi al punto di applicazione). L’effetto degli insetticidi sistemici può durare per mesi. È evidente a uno studente del primo anno d’istituto professionale per l’agricoltura che sbucciare un frutto in cui l’insetticida sia presente non solo nella buccia, ma anche nel picciolo, nei semi e nella polpa è del tutto privo di senso”.
Il settore del biologico vive di facili entusiasmi e di contraccolpi dovuti alla cattiva informazione. Ogni anno ci troviamo costretti a difendere il settore contro i detrattori dell’ultim’ora. E lo facciamo in modo appassionato sì, ma altrettanto laico e critico, così come dice di presentarsi Altroconsumo. Non si tratta di credere o non “credere in Bio”, come se fosse una sorta di religione, ma di credere a delle evidenze scientifiche e conservare un minimo di buonsenso.
E allora ricordiamo come l’indagine condotta recentemente dall’Ispra confermi quanto l ‘agricoltura biologica vinca su quella convenzionale, in termini di biodiversità, di qualità delle acque e del suolo, di bilancio di gas serra, di uso e consumo delle risorse quali suolo, acqua ed energia. 
Secondo l’istituto nei terreni biologici, dove è proibito l’uso di fertilizzanti, pesticidi e erbicidi di sintesi, è possibile rilevare un numero doppio di specie vegetali rispetto a quelli convenzionali, fino al 50% in più di ragni, il 60% in più di uccelli e il 75% in più di pipistrelli.
Ma anche sul piano della salute i dati sono piuttosto chiari. Lo scorso 19 giugno, il programma di controllo eco-monitor, che dal 2002 viene eseguito nello stato tedesco Baden-Württemberg con lo scopo di controllare gli ingredienti dei prodotti bio mettendoli a confronto con quelli dei prodotti convenzionali, ha confermato, che il cibo biologico è più sicuro di quello non biologico.
“Quest’anno i nuovi risultati del test dell’Ecomonitor di Baden-Württemberg dimostrano ancora una volta che il cibo biologico è il più sicuro sul mercato” ha commentato Felix Prinz zu Löwenstein, Presidente della Federazione Tedesca dell’Industria del Cibo Biologico (BÖLW). “La differenza rispetto ai prodotti non bio è particolarmente evidente quando vengono presi in considerazione gli alimenti ortofrutticoli: gli ortaggi, infatti, presentano una quantità media di residui di pesticidi circa 320 volte inferiore rispetto a quella degli ortaggi non biologici”. A proposito di evidenze scientifiche Roberto Pinton di AssoBio ha realizzato il libro ” Biologico, la parola alla scienza” in cui raccoglie gli abstract di una settantina di articoli pubblicati da 36 tra le più prestigiose riviste scientifiche (da Science al British Medical Journal, da Pediatrics a Environmental Health Prespectives) sugli aspetti dell’agronomia, della nutrizione umana, della pediatria, della tossicologia, dell’epidemiologia, dell’ecologia applicata.
Condividiamo il parere delle associazioni di categoria: non si possono tranquillizzare i consumatori dicendo loro di lavare le verdure, sbucciare la frutta, o buttare via l’acqua di bollitura. Vogliamo cibi autenticamente sani. Vogliamo che la biodiversità e la fertilità dei suoli siano tutelate. E vogliamo avere un’informazione corretta. Alle insinuazioni bisogna rispondere con i fatti. Perché ognuno sia libero di fare le sue scelte e le sue valutazioni.

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