È possibile non dipendere da una rete centralizzata che eroga servizi subordinandoli a determinate condizioni e tariffe? Oggi di fatto la situazione è questa: risorse fossili sempre più limitate e a prezzi sempre più alti, con un sistema di estrazione, distribuzione ed erogazione che assoggetta di fatto il “consumatore finale” a una serie di imposizioni, condizioni e tariffe decise dall’alto. Come uscirne? Che significato potenziale avrebbe smarcarsi quasi completamente da questa “griglia”?
«Con il cosiddetto boom economico degli anni Sessanta è iniziato un totale assoggettamento delle persone al sistema industriale» spiega Paolo Ermani, presidente dell’
associazione Paea per le energie rinnovabili. «Da una parte lo hanno alimentato le persone stesse con il loro lavoro, dall’altra ne sono diventati dipendenti pressoché completamente: per il cibo, l’energia, lo svago, le relazioni, la cultura.
Ma trasformare e far percepire tutto come merce non significa progresso; anzi, è il contrario, perché così si regala la propria esistenza a chi detiene soldi e potere e si diventa
“ostaggi” di una manciata di multinazionali che decidono ogni nostro respiro. In questa logica basta una catastrofe ambientale, una virata politica, oppure uno stato di emergenza con relative misure “urgenti e indiscutibili”, per chiuderci il rubinetto delle fonti fossili che è saldamente in mano proprio alle multinazionali. E ci si accorgerà che siamo totalmente dipendenti anche perché non sappiamo fare più nulla. Del resto a non fare più nulla ci prepara ormai fin da bambini l’attuale modo di fare scuola, che insegna tanto, tranne ciò che serve veramente. Così un bambino o un ragazzo, oltre che rimanere chiuso dentro quattro mura durante gli anni della sua vita più bisognosi di movimento, non sa nulla di come si coltiva la terra, non sa quali sono le energie rinnovabili o le caratteristiche del suo territorio, non sa ripararsi niente, non conosce nemmeno la basi per sapere come funziona il suo corpo e come funzionano i processi naturali fondamentali. E questo lo porterà a essere dipendente per ogni aspetto della sua vita reale».
«La soluzione quindi non può che essere la costruzione di una società fondata sull’indipendenza, sulla conoscenza, quella vera e utile, sul saper fare, sulla tutela di persone e ambiente, sull’autosufficienza» prosegue Paolo. «Per costruire una società del genere in un paese come l’Italia abbiamo tutto: conoscenze, tecnologie, capacità, intelligenza e una natura ricchissima. Però dobbiamo fare necessariamente un passaggio mentale, cioè convincerci che noi possiamo. Che unendoci agli altri e unendo competenze, lavoro, idee, capacità possiamo costruire una società dedicata al benessere per tutti e non al profitto per pochi».
Off grid, uscire dalla griglia
«Al PeR abbiamo realizzato un modello che diffondiamo, raccontiamo, mostriamo attraverso le nostre attività divulgative proprio per dimostrare che è possibile uscire dalla griglia» spiega Alessandro Ronca, direttore scientifico del PeR.
«Possibile, anzi possibilissimo e reale, ma non per tutti. O almeno, non è pensabile muoversi in questa direzione se prima non si lavora in maniera scrupolosa sulla nostra abitudine a consumare risorse. Il primo passo consiste nel non delegare a un tecnico o a un professionista questo compito, ma rimboccarsi le maniche e prendere di petto la questione. Solo dopo aver compiuto una serie di azioni, di osservazioni e di scelte, ci si potrà rivolgere a un professionista. Molte volte mi è capitato di ragionare con persone o con famiglie che sognano l’autosufficienza ma che premettono subito che di energia elettrica, di idraulica o di isolamento termico non capiscono nulla e nemmeno interessa loro saperne di più; eppure vogliono essere indipendenti. Questa contraddizione rappresenta il primo e maggiore ostacolo, poiché così diventa quasi impensabile raggiungere l’obbiettivo, se non a costi per molti proibitivi. Personalmente ritengo, soprattutto in ambito di autosufficienza, che se si utilizza per esempio l’energia elettrica bisogna conoscerne i principi, così come dell’idraulica e in definitiva di tutte quelle tecnologie di cui necessitiamo. Bisogna insomma responsabilizzarsi, essere consapevoli e informati».
«È prioritario smettere di pensare che “non siamo capaci”» aggiunge Ermani «ce lo vogliono far credere, ma non è così. Invece va favorita l’autonomia dei cittadini».
«Dopo avere appreso almeno i rudimenti di ciò che ci è utile» prosegue Ronca, «dobbiamo passare ad analizzare in maniera accurata e dettagliata tutte le apparecchiature e tecnologie che utilizziamo quotidianamente e misurare per quanto tempo le facciamo funzionare e come, per poter avere uno schema che rappresenti in maniera precisa i nostri reali consumi energetici. Così facendo, spesso ci si rende anche conto degli sprechi e di ciò a cui si può rinunciare. Semplice è bello e duraturo è meglio, oltre al fatto che è inutile fare con più ciò che si può fare con meno».
«Dopo il passo della riduzione dei consumi, si può procedere con l’efficientamento tecnologico, le energie rinnovabili o con l’eliminazione delle tecnologie ridondanti. Altro passaggio importantissimo è ipotizzare un piano b per la propria abitazione, ossia avere anche sempre pronta una contromisura pianificata low tech in caso di avaria del sistema autosufficiente che si è installato».
«Dobbiamo porci nell’ottica di un uso consapevole delle energie; finché siamo attaccati alla rete pensiamo che l’energia sia infinita, basta che si paghino le bollette, peraltro sempre più salate» conclude Ronca. «Invece non è così, se arrivate ad autoprodurre ciò che consumate, ecco che vi accorgete subito che c’è un limite che non va superato; è come il limite naturale che hanno le risorse di questo meraviglioso luogo chiamato Terra. Che dobbiamo rispettare».
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Letture utili
Chissà quante volte avete fantasticato di avere una casa autonoma, energeticamente indipendente, libera dalle bollette! Renderebbe la vita molto più semplice ed economica.
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L’obiettivo di
Pensare come le montagne consiste nel fornire ai lettori informazioni e suggerimenti per la realizzazione di un cambiamento che sia allo stesso tempo personale, vissuto, immediatamente praticabile e dalle ampie prospettive socio-ecologiche.
Se nella prima parte si trova un’ampia analisi sociale e filosofica che fotografa la realtà italiana e mondiale arricchita dal pensiero dei maggiori pensatori ecologisti e contemporanei, la seconda parte si concentra su suggerimenti concreti e motivazioni al cambiamento personale.
L’alimentazione biologica e vegetariana, le medicine non convenzionali, le energie rinnovabili, la riduzione dei consumi e la sobrietà, la cooperazione solidaristica, l’autoproduzione, il recupero della comunità, il cohousing, l’ecovicinato sono solo alcuni esempi forniti dagli autori per provare a uscire dalla crisi ambientale e sociale attuale per mettere in atto, dal basso, un cambiamento alla portata di tutti.