Un emporio cooperativo autogestito, i cui soci (ora quasi 700), sono proprietari, gestori e clienti: è l’esperienza di Camilla, realtà nata a Bologna nel 2018 e che oggi porta avanti con impegno e convinzione una scelta basata sull’etica della solidarietà e della sostenibilità.
Un emporio cooperativo autogestito, i cui soci (ora quasi 700), sono proprietari, gestori e clienti: è l’esperienza di
Camilla, realtà nata a Bologna nel 2018 e che oggi porta avanti con impegno e convinzione una scelta basata sull’etica della solidarietà e della sostenibilità.
Abbiamo intervistato i promotori che, con entusiasmo e determinazione, continuano a portare avanti l’emporio.
Quando è nata la vostra realtà e chi vi ha dato vita?
«L’idea di Camilla è nata nel 2017, a partire dall’esperienza di un Gruppo di Acquisto Solidale attivo a Bologna, nato e cresciuto nell’onda del movimento del “consumo critico” sviluppatosi all’inizio del 2000. Dopo anni di militanza nel GAS, un gruppo di noi, che includeva anche alcuni produttori agricoli già attivi a Bologna nella rete di Campi Aperti, voleva rendere più incisive ed inclusive le pratiche di consumo alternative già in essere in città (GAS e mercati contadini biologici). Studiando, abbiamo incrociato l’esperienza delle “food coop” diffusesi negli USA durante gli anni ‘70 del ‘900 e che stavano prendendo piede anche in alcuni Paesi europei come Francia e Belgio. Questo modello prevede il coinvolgimento diretto delle persone che scelgono di praticare forme alternative di consumo, sostenendo l’agricoltura contadina, le realtà produttive virtuose, rispettose dei diritti e dell’ambiente, in un contesto cooperativo e di appartenenza comunitaria. Ci ha affascinato perché prevede l’autogestione delle attività del punto vendita, la scelta autonoma dei prodotti che si vogliono acquistare e dei progetti che si vogliono sostenere. Da semplici consumatori si diventa proprietari e responsabili del proprio negozio, che funziona grazie al piccolo contributo di tutte le persone socie. Ci è sembrata un’idea perfetta e rivoluzionaria (che richiama a pratiche già in uso nell’Italia dei primi del ‘900 in ambito di mutuo soccorso fra lavoratori) che ci ha aiutato a coinvolgere in alcuni mesi alcune centinaia di persone, incontrate in una serie di assemblee organizzate a Bologna tra il settembre 2017 e il 21 giugno 2018, quando nel giorno del solstizio d’estate abbiamo costituito la Cooperativa di consumatori “Camilla – emporio di comunità”».
In cosa consiste esattamente la vostra attività e come siete organizzati?
«Camilla è un emporio di comunità autogestito, i cui soci sono appunto proprietari, gestori e clienti. Al momento dell’iscrizione si versa una quota di 125 euro e si sottoscrive il patto sociale, secondo cui ci si impegna a svolgere il proprio turno cooperativo di circa 3 ore ogni 28 giorni. A parte due dipendenti part-time, che si occupano principalmente degli ordini e di coordinare il lavoro di soci e socie, il funzionamento dell’emporio si regge esclusivamente sull’impegno di questi ultimi. Questa modalità, oltre a permettere davvero un’autodeterminazione alimentare, che va dalla scelta dei produttori da cui rifornirsi fino all’acquisto dei prodotti stessi, riduce sensibilmente le spese di gestione, permettendo così alla cooperativa di offrire prodotti di qualità a prezzi accessibili. Una funzione fondamentale per la gestione della cooperativa è svolta dai gruppi di lavoro, composti da soci e socie che dedicano a Camilla ulteriore tempo oltre a quello del turno, e che si occupano dei diversi aspetti gestionali: abbiamo ad esempio il gruppo economia, che si occupa di tutto l’aspetto amministrativo; c’è il gruppo prodotti, che seleziona i fornitori secondo criteri decisi a monte (ad esempio la sostenibilità ambientale e sociale); i socievoli, che sono un riferimento per i soci dal momento dell’iscrizione allo svolgimento del turno cooperativo; c’è il gruppo degli informatici, quello della comunicazione ecc. Abbiamo aperto le porte dell’emporio (in un locale di circa 150 metri quadrati in affitto a prezzi di mercato) nel febbraio del 2019, con circa 400 soci e socie e 800 diversi prodotti. Attualmente siamo 675 e abbiamo sui nostri scaffali più di 2.000 referenze, che vanno dai prodotti alimentari a quelli per la cura della casa e della persona, con una particolare attenzione e molto spazio dedicato ai prodotti sfusi (pasta, riso, cereali, frutta secca e essiccata, detersivi)».
Come siete stati accolti dal territorio? Avete intorno una comunità di interesse sensibile ai temi di cui vi occupate con le vostre scelte?
«Fin dall’inizio abbiamo fatto conoscere il nostro progetto a tante realtà attive nel nostro territorio in diversi ambiti. Siamo abbastanza conosciuti in città e alcune realtà ci consultano o acquistano i prodotti nel nostro emporio. Anche in occasione delle iniziative che organizziamo cerchiamo di coinvolgere le realtà attive in città con cui siamo in contatto. È successo con librerie indipendenti, organizzazioni attive nell’accoglienza e nel soccorso a persone migranti, associazioni e cooperative, gruppi scout e con raccolte solidali di prodotti che destiniamo a chi si occupa di distribuire cibo a famiglie e persone che ne hanno bisogno. Ci piacerebbe aumentare e migliorare il coinvolgimento e le relazioni con le persone che vivono più vicine al nostro emporio».
Quali difficoltà avete incontrato e incontrate?
«Le maggiori criticità riguardano l’equilibrio economico e sociale della cooperativa. I nostri bilanci finora (siamo giunti al quinto anno di attività) sono sempre stati sul filo dell’equilibrio e, pur essendo tutto sommato in salute, la nostra cooperativa ha bisogno di costanza e impegno da parte della nostra comunità di socie e soci. La nostra ambizione principale, quella di essere autonomi dai circuiti speculativi e di profitto legati al cibo, e di farlo in autogestione, richiede a tutte le persone che partecipano il loro tempo, impegno e volontà di cambiamento. Cose che vanno controcorrente nella società attuale, fatta di velocità e scarsità di tempo e, per alcuni, anche di risorse economiche. Attualmente partecipano ai turni cooperativi e frequentano l’emporio circa il 55% degli iscritti, percentuale che puntiamo ad aumentare».
Quali le soddisfazioni e i risultati ottenuti?
«La maggiore soddisfazione è certamente quella di aver realizzato e di tenere in vita il nostro progetto da quasi 5 anni! Le soddisfazioni quotidiane sono quelle di gestire e sperimentare un modello alternativo che crediamo sia una risposta concreta (seppur ancora piccola nei numeri) ai bisogni dei nostri soci e dei nostri produttori, in un’ottica alternativa e che sappia proporre una risposta alle crisi climatica e sociale cui andremo sempre più incontro».
Quali i progetti futuri?
«Il principale progetto futuro è consolidare la nostra cooperativa con nuovi progetti e con il coinvolgimento di più persone nella nostra compagine sociale. Auspichiamo anche che possano evolvere le nostre potenzialità in spazi più grandi e funzionali dove siano possibili nuove attività. Questo può avvenire più facilmente se ci sarà un supporto pubblico, finora del tutto assente, alla nostra Cooperativa, che insieme ad altre realtà, può diventare un punto di riferimento e di incontro per costruire passo dopo passo un’alternativa visibile e praticabile».
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