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Cohousing: abitare insieme per salvare il mondo

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Un libro di Giovanni Volpe, sulle esperienze estere di cohousing e la recente realizzazione di cohousing Numero Zero a Torino, tutta italiana.
L’idea di avvicinarsi al tema del cohousing nasce dalle letture di alcuni testi di Serge Latouche e Maurizio Pallante sulla decrescita. Gli autori descrivono la società occidentale e ci propongono uno spaccato del veloce stile di vita che oggi l’uomo è costretto ad assumere per condurre la propria esistenza. E’ interessante la semplice analisi che fanno i due autori sullo stile di vita delle generazioni passate che, pur disponendo di meno tecnologia, disponevano di una solida rete di relazioni che permettevano loro di assorbire le inevitabili difficoltà che si potevano interporre nella vita.Oggi lo stato sociale assiste sempre meno i cittadini: si pensi alla privatizzazione della scuola, della sanità, del pubblico trasporto, degli acquedotti, della cultura. Nuove forme di lavoro che, in nome della flessibilità, rendono la vita delle persone sempre più precaria: ogni giorno aumenta il margine di incertezza delle famiglie che vedono sempre più diminuire lo standard di qualità del proprio tenore di vita. In questo lavoro si vuole ribadire la centralità della famiglia (già sancita nella Costituzione) come strumento per il pieno sviluppo della persona umana. Una reale proposta per favorire l’autonomia abitativa dei giovani e delle coppie viene fornita in questo lavoro: è il cohousing. Analizzeremo alcuni casi concreti già realizzati in Europa, ma ci soffermeremo in particolare sul caso di Torino, primo cohousing realizzato in Italia direttamente da un gruppo di cittadini (dal basso come si dice oggi). Valuteremo i vantaggi e le opportunità che si aprono per i membri del cohousing e per il quartiere in cui esso è inserito che vive loro attorno. Cercheremo di dimostrare che una normativa, e più in generale alcuni strumenti di supporto, possono far emergere una serie di risorse inaspettate sul territorio e per il territorio tali da essere il punto di inizio per un percorso di rigenerazione urbana.Si propongono alcuni scenari, non progettuali, ma visionari nel senso di fornire al lettore tre possibili percorsi, tre casi possibili che sarebbe possibile far nascere sul territorio semplicemente lavorando sulla sussidiarietà orizzontale.Il lavoro si rivolge alla cosiddetta area grigia della fragilità sociale, una fascia sempre più ampia della popolazione, caratterizzata da forme di disagio non estremo ma, comunque profondo. Questo disagio investe sia i bisogni primari come la casa, il lavoro, la salute, ma anche i bisogni relazionali, con particolare riferimento alla crisi della famiglia, all’indebolimento del tessuto sociale, alla solitudine degli anziani.Questa fascia di popolazione non trova risposte, non potendo rientrare nei programmi assistenziali dello Stato e, allo stesso tempo, non potendo accedere all’offerta di mercato perché economicamente inaccessibile.
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