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Concorso “Un mondo come piace a te”

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“Un mondo come piace a te, con il clima che vuoi” è il titolo che la Commissione europea ha scelto di dare al concorso che ha raccolto progetti volti a ridurre o evitare le emissioni di CO2 e a migliorare la qualità della vita delle persone.
Come ha ricordato Connie Hedegaard, commissario europeo responsabile dell’Azione per il clima, “una società a basse emissioni non è una realtà distante e utopistica. Disponiamo già di gran parte delle tecnologie necessarie. La vera sfida consiste nell’applicarle e sfruttarle pienamente”
Aperto a singoli cittadini, imprenditori, aziende, enti del settore pubblico e privato, il concorso, apertosi a febbraio e chiusosi a giugno, ha visto la presentazione di 269 progetti.
Le caratteristiche principali richieste ai progetti erano di poter costituire una buona pratica, di poter essere di esempio per altre persone, aziende o enti, nonché di avere un impatto sulla vita quotidiana dei cittadini.
Cinque le categorie tematiche a cui si poteva partecipare:
1) edilizia e ambienti di vita
2) acquisti e alimentazione
3) recupero e riciclaggio
4) viaggi e trasporti
5) produzione innovativa.
Sul sito i progetti sono presentati attraverso testi, foto e video affinché i visitatori, che avranno tempo di votare fino al 19 agosto quello che preferiscono, possano farsi un’idea quanto più esaustiva possibile; in autunno, a Copenaghen, si terrà la cerimonia di premiazione dei tre vincitori finali che una giuria sceglierà tra i dieci progetti più votati online. Inoltre, poiché la campagna della CE si rivolge soprattutto a Bulgaria, Italia, Lituania, Polonia e Portogallo, in queste nazioni saranno selezionati cinque progetti che saranno al centro di una campagna pubblicitaria nazionale nell’autunno del 2013.
Dall’Italia sono pervenuti 26 progetti, di cui 2 provenienti dalla Toscana: il primo, presentato da Giannni Campagna, ristoratore di Calenzano (FI), si intitola “Progetto recupero e trasformazione in biodiesel di oli esausti vegetali” e concorre nella sezione “Recupero e riciclaggio”, mentre il secondo “Black revolution for a green agriculture”, dell’Istituto di Biometeorologia del CNR di Firenze è iscritto nella sezione “Produzione innovativa”.
Attualmente i due progetti occupano rispettivamente il 29° e il 24° posto nella classifica provvisoria.
Il progetto di Campagna mira a recuperare la maggiore quantità possibile di olio esausto adoperato da privati cittadini, aumentandone il recupero dagli attuali 3-5% al 70-80%. Ad ogni famiglia sarebbe distribuito in apposito contenitore di plastica della capienza di 5 L che verrebbe ritirato porta-a-porta ogni 2 mesi, questo perché attualmente la stragrande maggioranza dei cittadini non smaltisce gli oli di frittura in modo corretto perché i contenitori sono spesso collocati in circoli, supermercati, e centri commerciali ed il cittadino nella maggior parte dei casi deve utilizzare l’auto o lo scooter per arrivarci. L’ideatore spiega il suo progetto cifre alla mano: “Firenze che ha circa 370.000 abitanti con circa 70-80.000 famiglie . Ogni famiglia produce circa 1-2 litri di olio esausto al mese, quindi 70.000 per 2 litri si ottengono 140.000 litri di oli al mese, che si riversano nella rete fognaria quindi nell’ambiente, calcolandolo per un anno intero (140.000 x 12 mesi ) fanno esattamente 1.680.000 litri […]. Se riuscissimo a trasformare tutti questi milioni di litri di olio in combustibile biodiesel , potremmo pensare in un prossimo futuro di acquistare meno carburante fossile dai paesi esteri […]”
Il progetto “Black Revolution” prende il nome dal biochar o terra nera, un sottoprodotto del processo di pirolisi della biomassa che è attualmente considerato come un’opzione interessante nel settore agricolo per la sua proprietà di “sequestrare” il carbonio atmosferico nel terreno per molte migliaia di anni. Lo scopo del progetto è quello della diffusione del biochar nella coltivazione vista come una azione valida per un’agricoltura più sostenibile e per una strategia di mitigazione del cambiamento climatico globale, considerando che una parte significativa dei gas serra mondiali viene da pratiche agricole.
 

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