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«E’ tempo di cambiare per non soccombere»

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Dal co-autore di “Pensare come le montagne” (Terra Nuova Edizioni) un appello alla consapevolezza che solo un cambiamento radicale potrà garantirci la sopravvivenza. «E il cambiamento non è appannaggio solo dei coraggiosi, tutti possiamo cambiare» spiega.
Siamo in un momento di massima crisi sociale ed economica, in cui è ormai chiaro che se non si cambia paradigma non si sopravviverà. Tu proponi da tempo la necessità di un cambiamento radicale: vuoi illustrarne i passi fondamentali?
«Parlare di cambiamento radicale sembra qualcosa di complicato, difficile, appannaggio solo di alcuni coraggiosi, io penso che non sia così. Non è difficile cambiare, è difficile invece continuare a vivere in un modo che non ha più molto senso. E’ difficile vivere facendo un lavoro che non piace e che non dà alcuna soddisfazione, è difficile vivere in una società alla deriva che continua a dirci che i soldi sono l’unico dio da seguire.  E’ difficile vivere in posti artificiali dove la natura è assente, è difficile vivere relazionandosi più ad uno schermo che a persone in carne ed ossa, è difficile far crescere bambini fra lamerie, cemento, rumore e caos cittadino. Non c’è molto di radicale nel cambiamento, solo buon senso, cura per se stessi, i propri simili e l’ambiente in cui viviamo. Per cambiare bisogna costruire relazioni e progettualità concrete che rendano il vecchio modello obsoleto., aumentare la propria autosufficienza alimentare ed energetica, ripopolare le campagne in un’ottica di ecovicinato e in città ricostruire forti legami di condivisione. Unirsi agli altri e cooperare, lasciare al loro destino capi, leaders, gente arrogante che ci dice dove dobbiamo andare; meglio invece ascoltare la propria e altrui saggezza, dotarsi di metodologie di ascolto e confronto con gli altri sulla base della facilitazione e risoluzione dei conflitti, diminuire al minimo il ricorso al denaro non sprecando, non seguendo le mode, non comprando il superfluo, riparando, riusando, scambiando, donando. Non fare solo qualche fioretto per mettere a posto la coscienza ma avere reali prospettive di cambiamento complessivo, un passo alla volta ma decisivo».
Quale la direzione dunque da imboccare e quale invece gli errori da evitare?
«La direzione è quella di riabitare le migliaia di luoghi meravigliosi abbandonati in tutta Italia e ridare centralità alla terra, creando una vasta e ramificata economia di sussistenza locale. Non fare più l’errore di pensare che la crescita risolva i problemi e porti prosperità, non solo la crescita comporta sempre più problemi ma ci porta dritti verso un burrone».
E’ sufficiente pensare ad una decrescita economica o è necessario pensare ad un diverso approccio di tutti noi alle relazioni e alla vita stessa?
«Parlare solo di decrescita economica non cambia molto la situazione ed è fondamentale un modo diverso di relazionarsi rispetto a quello conflittuale, competitivo e arrogante a cui siamo purtroppo abituati perfino in ambienti cosiddetti alternativi. Non è un caso che si stiano diffondendo metodologie comunicative e relazionali anche attraverso la facilitazione, che propongono un approccio decisionale non verticista e dove si ascolta e lascia spazio a tutti. La logica novecentesca del leader che ci conduce ormai convince sempre meno, non è un caso che le percentuali di votanti alle elezioni diminuisca costantemente. C’è molto bisogno di spiritualità ed è un aspetto quanto mai importante in una fase in cui la spiritualità è ancora appannaggio di religioni che sono origine di divisioni, odio, massacri, passati, presenti e futuri. La meraviglia della natura e le relazioni umane ci regalano una spiritualità che non ha bisogno di alcuna sacra scrittura, orpello, sacerdote, chiesa o tempio».
Quali dovrebbero essere secondo te le vere certezze d’ora in avanti e quali invece le false certezze da lasciarci alle spalle?
«Le certezze maggiori dovrebbero essere che non ci sono certezze ma una continua ricerca di profondità, autenticità e di significato per la propria esistenza. Se proprio si ha bisogno di certezze, si può partire dalla costante salvaguardia di ambiente e persone. Le false certezze da abbandonare sono il vivere per i soldi, per apparire o credere che calpestare gli altri sia una dote di furbizia e non una triste miseria».
CHI E’ PAOLO ERMANI
Paolo Ermani, co-autore insieme a Valerio Pignatta del volume “Pensare come le montagne” (Terra Nuova Edizione), da oltre venti anni si occupa professionalmente di problematiche legate ai temi energetici, ambientali e agli stili di vita. Ha lavorato al centro per l’energia e l’ambiente di Springe  (Germania) attivo dal 1981 e frequentato i maggiori centri per le tecnologie alternative europei, portando nel 1994 in Italia la più grande e completa mostra itinerante europea sulle energie rinnovabili.
E’ autore anche di “Ufficio di scollocamento” assieme a Simone Perotti.
E’ tra gli ideatori del quotidiano web Il Cambiamento e del progetto Ufficio di Scollocamento. Ha organizzato e tenuto per conto dell’associazione Paea di cui è presidente, decine di incontri, conferenze a tema, mostre itineranti, consulenze, corsi e seminari. Attualmente fra le sue collaborazioni quella con  Andrea Strozzi autore del blog LLHT e con il Parco delle Energie Rinnovabili in Umbria dove assieme all’associazione Paea organizza il corso Cambiare vita e lavoro giunto alla quattordicesima edizione.

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