Fossili nel cervello: ecco perché i colossi energetici sono in perdita
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Le grandi compagnie dell’energia hanno sbagliato investimenti e non avevano previsto il boom delle rinnovabili investendo nelle fonti fossili. Adesso remano contro. Il rapporto di Greenpeace Locked in the Past
Ora è tutta colpa delle rinnovabili. Se le grandi compagnie energetiche europee sono in crisi dobbiamo prendercela con il sole e con il vento? Non è questa difficoltà deriva da scelte sbagliate? Dall”incapacità di mettere in discussione i vecchi modelli di business dinanzi ai profondi cambiamenti strutturali del mercato europeo dell’energia? Questa è l’ipotesi del nuovo rapporto elaborato da Greenpeace, dal titolo “Locked in the past”
( imprigionati nel passato). Il rapporto illustra come le performance economiche dei colossi europei dell’energia siano appesantite dagli eccessivi investimenti degli anni passati in impianti termoelettrici a gas e carbone. Le compagnie più conservatrici si sono lasciate sfuggire importanti occasioni di guadagno nel crescente mercato delle rinnovabili: le 10 principali aziende energetiche europee, nel loro insieme, hanno perso 500 miliardi di euro in cinque anni. «Le grandi utilities europee dell’energia sono aziende marcatamente fossili, legate al consumo di combustibili dannosi per il clima, l’ambiente, la salute e sempre meno competitivi sul mercato” ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Hanno fatto, nel recente passato, enormi investimenti sbagliati e ora che le rinnovabili sottraggono loro importanti quote di guadagno, fanno di tutto per soffocarne la crescita e battono cassa per ottenere compensazioni pubbliche ai loro errori industriali».
Il rapporto di Greenpeace denuncia per la prima volta come le 10 più grandi aziende energetiche europee, che da sole generano il 58 per cento dell’elettricità in Europa, producano mediamente con le nuove fonti rinnovabili (escludendo l’idroelettrico) solo il 4 per cento del loro prodotto. Ma dove sta il grosso errore? Nel fatto che nonostante il progressivo calo dei consumi, queste aziende hanno ampliato la loro potenza termoelettrica installata (quindi la loro produzione da fonti fossili) di 85 GW negli ultimi 10 anni, l’equivalente dell’intero parco di generazione da fonti fossili della Germania. Gli analisti suggeriscono a queste aziende, per rimanere competitive, di eliminare 50 GW di potenza installata ‘fossile’ entro il 2017, se vorranno tentare di conservare almeno i pur ridotti guadagni del 2012.
Avendo perso il treno della rivoluzione delle rinnovabili, le grandi utilities fossili stanno cercando ora di farlo deragliare facendo pressione sui governi dell’UE per invertire la rotta. Nel decisivo dibattito sui target in materia di energia e clima al 2030, in corso in questi mesi, queste aziende si battono contro ogni target di sviluppo delle fonti rinnovabili e contro l’accrescimento dell’efficienza energetica.
I governi europei – che sono spesso azionisti di maggioranza in queste aziende – hanno la responsabilità di guidarle verso nuovi modelli di sviluppo, più sostenibili tanto economicamente quanto dal punto di vista dell’ambiente.
Questi governi – auspica Greenpeace – devono sostenere tre target vincolanti, in sede UE, in materia di clima ed energia: per ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento e accrescere rinnovabili ed efficienza, rispettivamente, fino al 55 per cento e al 40 per cento.
Il rapporto di Greenpeace denuncia per la prima volta come le 10 più grandi aziende energetiche europee, che da sole generano il 58 per cento dell’elettricità in Europa, producano mediamente con le nuove fonti rinnovabili (escludendo l’idroelettrico) solo il 4 per cento del loro prodotto. Ma dove sta il grosso errore? Nel fatto che nonostante il progressivo calo dei consumi, queste aziende hanno ampliato la loro potenza termoelettrica installata (quindi la loro produzione da fonti fossili) di 85 GW negli ultimi 10 anni, l’equivalente dell’intero parco di generazione da fonti fossili della Germania. Gli analisti suggeriscono a queste aziende, per rimanere competitive, di eliminare 50 GW di potenza installata ‘fossile’ entro il 2017, se vorranno tentare di conservare almeno i pur ridotti guadagni del 2012.
Avendo perso il treno della rivoluzione delle rinnovabili, le grandi utilities fossili stanno cercando ora di farlo deragliare facendo pressione sui governi dell’UE per invertire la rotta. Nel decisivo dibattito sui target in materia di energia e clima al 2030, in corso in questi mesi, queste aziende si battono contro ogni target di sviluppo delle fonti rinnovabili e contro l’accrescimento dell’efficienza energetica.
I governi europei – che sono spesso azionisti di maggioranza in queste aziende – hanno la responsabilità di guidarle verso nuovi modelli di sviluppo, più sostenibili tanto economicamente quanto dal punto di vista dell’ambiente.
Questi governi – auspica Greenpeace – devono sostenere tre target vincolanti, in sede UE, in materia di clima ed energia: per ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento e accrescere rinnovabili ed efficienza, rispettivamente, fino al 55 per cento e al 40 per cento.
