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Gli Usa rinunciano al carbone, e noi?

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Negli Stati Uniti il carbone per la produzione energetica quest’anno subisce una riduzione del 20%. In Italia però si pensa di incentivarlo, e Bruxelles ci bacchetta sul decreto rinnovabili
I movimenti per dire no al carbone negli Stati Uniti cantano vittoria: è anzitutto grazie alla loro influenza che si sono bloccati i nuovi impianti di produzione energetica a carbone. Negli Stati Uniti la produzione di elettricità da carbone è scesa costantemente di quasi il 4% all’anno. Ma quest’anno si registra la flessione più drastica. Nel 2012 l’Agenzia EIA (Energy Information Administration) negli Stati Uniti prevede un calo di 20 punti percentuali nell’approvvigionamento di energia da carbone. Attualmente il carbone copre il 36% del fabbisogno energetico nazionale, una cifra ancora alta, ma destinata a scendere ulteriormente.
Come testimonia un articolo tradotto da Repubblica, la ribellione partita dal basso, del movimento No New Coal, ha fermato la realizzazione di 166 impianti. Ma ovviamente ad incidere nelle scelte energetiche americane sono stati anche altri fattori, come il prezzo più basso del gas e la crescita economica più contenuta. I benefici ambientali sono molto rilevanti e potrebbero incidere notevolmente sulle compensazioni globali di Co2. Ma gli inquinanti risparmiati all’atmosfera, e alla salute, sono anche altri. Si ricorda che i livelli di anidride solforosa, responsabile delle piogge acide, nelle centrali a carbone sono 140 più elevati rispetto ad una centrale a gas, mentre le emissioni di polveri sottili sono 71 volte più alte.
Il dato statunitense deve far riflettere, tanto più in un periodo in cui in Italia il governo cosiddetto tecnico elabora nuovi piani strategici per aumentare l’uso di risorse fossili per la produzione energetica. Passera ha più volte parlato di voler favorire le nuove trivellazioni e ha lodato l’opportunità del ritorno ai combustibili tradizionali, contro l’avanzata delle rinnovabili. Il ministro dello Sviluppo Economico recentemente ha emesso il decreto di autorizzazione per il potenziamento della centrale a carbone di Vado Ligure e sembra stia pensando a sbloccare nuove centrali.
Nel frattempo l’Unione Europea ha respinto il piano del nuovo governo sulle rinnovabili, che rischiano di bloccare il settore e aggravare i costi burocratici. Le norme secondo il commissario all’Energia Oettinger sarebbero arrivate troppo in ritardo, e potrebbero paralizzare le industrie medio piccole su cui l’Europa ha deciso di puntare.

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