Il metano ricavato dal letame e dal compost organico copre già il 50% della produzione nazionale. Vantaggi economici ed ecologici degli impianti agricoli a biogas tra i dubbi dei comitati
Gli impianti a biogas non piacciono a molti noi ambientalisti. Però una riflessione andrebbe fatta. Un articolo comparso sul Corriere fa il punto della situazione e analizza la convenienza economica ed ecologica del biogas, o metano prodotto dai rifiuti organici. In Italia a fine 2012 erano in funzione 850 impianti di produzione di biogas che complessivamente hanno una potenzialità di 5,6 miliardi di metri cubi all’anno, pari al 50% della produzione nazionale di gas dal sottosuolo. Estrarre gas «fossile» è molto costoso e, soprattutto, ha un forte impatto ambientale. La filiera italiana del biogas ha realizzato un fatturato di 2,5 miliardi di euro, per il 70% realizzato da aziende italiane. Bastano questi pochi numeri per capire la potenzialità del biometano (che è il biogas raffinato, al quale vengono tolti CO2, idrogeno solforato, ammoniaca e acqua) e la sua importanza per rientrare nei parametri imposti dal trattato europeo 20-20-20. E, particolare di non secondaria importanza di questi tempi, contribuire al rilancio dell’agricoltura nazionale, un settore in profonda crisi.
dati sono stati esposti dall’Osservatorio agroenergia 2013, commissionato da EnergEtica e realizzato in collaborazione con Althesys. Secondo le stime dello studio, il biometano italiano ha ancora grandi possibilità di sviluppo, e può arrivare a coprire nel 2020 dal 5% al 10% del consumo lordo di energia, a seconda degli scenari di crescita. Inoltre l’Italia possiede il più vasto parco automobilistico a metano del mondo (2% delle vetture circolanti) e una capillare rete di distribuzione.
Nessuno ipotizza che il biometano renderà l’Italia indipendente dalle importazioni di gas. Ma in alcuni casi il biometano è già competitivo. Per esempio, come combustibile per veicoli il prezzo è già concorrenziale con quello praticato ai distributori. L’applicazione più vantaggiosa in questo momento – anche senza incentivazione – sono impianti a biometano di piccola taglia che utilizzano la cosiddetta Forsu, cioè la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (in parole povere «l’umido»). Con il gas prodotto si alimentano i veicoli della raccolta dei rifiuti urbani chiudendo il cerchio.
E le emissioni? Nel settore dei trasporti, se allo stato attuale l’utilizzo di un’auto a metano consente un risparmio di emissioni del 21% rispetto al gasolio e del 24% rispetto alla benzina, in futuro una miscela con il 20% di biometano potrebbe consentire un’ulteriore riduzione del 19%. Alimentato al 100% con biometano, un veicolo emette 5 grammi di CO2 equivalente al chilometro.
Qualcuno potrebbe obiettare che gli impianti a biogas sono sempre più grandi e invasivi, e poco integrati nel tessuto agricolo locale. Stanno nascendo sempre nuovi comitati locali che si oppongono al biogas, per porre nuove regole, come la lontananza dai centri abitati, o la vera convenienza ecologica del biogas. Iniziative che ci ricordano un aspetto importante: l’agricoltura deve servire a produrre cibo e non energia.
Fonte: Corriere