Da rifiuti ad opere d’arte. E’ la filosofia alla base delle opere di un numero sempre maggiore di creativi che fanno dei materiali di recupero la base delle loro produzioni. Abiti con bottiglie di plastica, volti realizzati con i microchip, ballerine di cartone riciclato, forcelle di biciclette che diventano sculture: tutto può avere una seconda vita.
Da 30 anni Enrica Borghi crea opere d’arte con tutto quello che la società normalmente butta via. Ha esposto in musei e gallerie in Italia e all’estero le sue installazioni: abiti da sera fatti di plastica, veneri di unghie finte, tappeti di carta stagnola. “E’ in grado di cristallizzare in bellezza l’anima del nostro vivere quotidiano” dice il catalogo di “Eco” la sua ultima mostra realizzata al Castello di Novara, che ha riunito opere storiche ed installazioni novità di una delle prime artiste che si è fatta ispirare dai rifiuti. Le prime opere con materiale di recupero risalgono infatti al 2000.
Nuova vita al packaging
“Recuperavo oggetti del quotidiano prendendo via via consapevolezza di quanto materiale buttiamo a causa dell’enorme quantità di packaging – racconta – Ho cominciato così a raccogliere sacchetti e bottiglie di plastica con l’idea di nobilitare quel materiale di scarto”. Nel 1996 la prima personale a Torino con “Rifiutata” l’abito realizzato esclusivamente con sacchetti di plastica che la fece conoscere al mondo artistico. Poi le installazioni luminose create con le bottiglie (ben 15 mila per le “Luci di Artista” di Torino), fino a creare un laboratorio ad hoc per i suoi lavori sulle colline del Lago d’Orta.
L’elettronica recuperata
L’intento di recuperare materiale altrimenti destinato alla discarica è alla base anche delle sculture di Pamela P., in arte Ranya Art, artista romana, dalla storia così bizzarra che presto diventerà anche un libro. “Dopo la chiusura della catena di negozi dei miei genitori a Roma avevamo la casa piena di rimanenze dei cellulari. Ho cominciato a creare dei collage con il materiale elettronico” ricorda.
Ma la svolta avviene quando all’International tattoo Expo di Roma incontra lo sguardo di un tatuatore. Per poterlo rivedere decide di entrare nel suo mondo, realizzando sculture di volti ispirati a lui ed al mondo del tatoo. Sguardi ambigui, fili di rame come capelli, microchip come piercing: un’arte tra il gotico ed il cibernetico che piace e che è diventata un vero e proprio lavoro. “Ho chiuso la mia boutique di costumi e ho continuato a realizzare opere con quello stile: volti di personaggi famosi come Einstein e, più di recenti, ispirati alla mitologia antica. I pezzi di riciclo li rimedio tra amici e conoscenti, ormai tutti sanno che possono portare a me le cose vecchie” sorride.
L’interesse delle aziende
Pure le aziende del settore guardano con interesse agli artisti del riciclo” creando concorsi e progettualità ad hoc. Ma ad impressionare è la quantità delle esperienze micro. Come quella di Paolo Scozzafava che – oltre a proporre nel suo Emporio del Riciclo Parblé Art-Ecò di Matera quadri, sculture, lampade, mobili ed idee regalo realizzati e modificati con materiale di riuso – è l’animatore di iniziative trasversali nella sua città con Giulia de Pace.
“Laboratori, feste, installazioni ed attività per bambini: la nostra è un’attività a tutto tondo per promuovere nel tessuto sociale il tema del riuso ed attivare un’economia circolare – racconta Paolo – Tra le operazioni più riuscite c’è quella di un Carnevale con centinaia di maschere e costumi realizzati con scrti”.. La sua è stata una scelta di vita: a 40 anni ha lasciato il lavoro per esporre e realizzare opere nella sua bottega, che ha tutte le sembianze di una galleria d’arte. “I materiali? Li troviamo per strada, facendo giornate di pulizia ecologica o semplicemente guardando di fianco ai cassonetti. Almeno una sedia al giorno la recuperiamo sempre…”
Riflessione critica
Filo conduttore di piccole e grandi esperienze è il fatto che rifiuti e scarti trasformati in arte sono anche e soprattutto stimolo alla riflessione critica ed informata. Lo dicono chiaramente a Riarteco, gara espositiva di creazioni di eco-design, organizzata per la prima volta a Firenze nel 2005. Anno dopo anno la manifestazione ha allargato i propri orizzonti portando l’esposizione in varie città d’Italia, come Napoli, Genova e di recente Roma, dove il movimento è stato ospite anche del Museo di Arte Contemporanea “La nostra iniziativa artistica va oltre l’aspetto estetico – spiega Marco Pasqualin, creatore della kermesse – L’obiettivo non è meravigliare i visitatori con la bellezza delle opere ma sensibilizzarli, facendo comprende la quantità massacrante di rifiuti che produciamo ogni giorno. In questo senso l’arte vuole svegliare le coscienze troppo spesso addormentate”. Rifiuti non solo da raccogliere e differenziare ma da “riconoscere” come risorse che possono e debbono acquisire valore nell’ottica di un impegno non solo artistico, ma soprattutto etico e sociale.