L’intervista al direttore di Terra Nuova, Nicholas Bawtree, su Veggie Channel
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Qual è la sfida oggi di chi lavora nel mondo dell’editoria? Lo ha chiesto la redazione di Veggie Channel a Nicholas Bawtree, direttore responsabile di Terra Nuova Edizioni: ecco come è possibile fare informazione ai tempi dei social.
Qual è la sfida oggi di chi lavora nel mondo dell’editoria? Lo ha chiesto la redazione di Veggie Channel a Nicholas Bawtree, direttore responsabile di Terra Nuova Edizioni: ecco come è possibile fare informazione ai tempi dei social.
La comunicazione e il modo di produrre e divulgare informazione oggi sta cambiando è una vera sfida per chi si occupa di editoria, come si evince dall’intervista realizzata da Veggie Channel.
ECCO L’INTERVISTA:
Oggi è importante riflettere su informazioni. Negli ultimi anni tutto ha preso una velocità veramente enorme. L’informazione è già vecchia prima di uscire. Cosa vuol dire oggi fare informazione e porsi in questo scenario rapido, bulimico, eccessivo, eclatante?
Fare informazione oggi in questo nuovo contesto significa rendersi conto che internet ha trasformato radicalmente il nostro rapporto con l’informazione smaterializzandola in sostanza. Ha creato una grande opportunità di condivisione e diffusione di informazioni, ma allo stesso tempo – una situazione di sovrabbondanza e dei sistemi dei contesti in cui questa informazione viene usufruita, come i social che portano naturalmente verso una superficialità nel rapportarsi alle informazioni.
La prima cosa di cui parli è social. Noi siamo abituati a pescare l’informazione dai social. Come riuscire a capire che quella dei social è un’informazione? Come distinguere?
Non è facile distinguere. Più che altro bisogna partire da un’altra riflessione: chi è che produce questa informazione? Perché nel contesto dei social l’informazione spesso è in qualche modo anonima. Ci sono i meme, ci sono i commenti, c’è un mare magnum di testi, d’informazioni che vengono date, alcune volte con delle sponsorizzazioni. Quindi quando c’è una sponsorizzazione su un social, quell’informazione viene data ad alcune persone che altre non vedono. C’è una parte dell’informazione che circola che non è di fatto pubblica: è indirizzata a un certo target.
È importante rendere consapevoli le persone. Tante volte si chiede: “ma tu come lo sai?” “Eh, ma l’ho letto su Facebook!”
Esatto! Bisogna comprendere che Facebook è un connettore, un contenitore, ma non è un produttore di contenuti. Anzi, sono dei contenitori che fanno anche dei distinguo. Se io parlo in una determinata cosa che a loro non piace, vengo anche censurato. È una cosa di cui bisogna rendersi conto. Una nostra collaboratrice con cui parlavo di questo argomento, mi ha detto: “D’altra parte è un’azienda privata, quindi può fare quello che vuole”. Ora su questo si potrebbe discutere, perché nel momento in cui un contenitore assume un certo ruolo, dovrebbe lavorare per una libera condivisione di informazioni. È vero anche che ci sono alcune informazioni che è giusto censurare. Penso alla pedofilia, penso all’istigazione alla violenza. Però nel momento in cui, per esempio, noi abbiamo messo su Facebook come prodotto un libro molto serio con persone molto competenti dietro sulla cannabis medica, quello c’è stato praticamente impedito di diffonderlo.
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Anche una zuppa pronta acquistata al supermercato può essere letale,, presumibilmente per un tipo di intossicazione alimentare chiamata botulismo e causata dal batterio Clostridium botulinum (comunemente detto botulino), le cui tossine sono considerate estremamente tossiche e velenose per l’uomo. Tanto che sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità si legge letteralmente che «grazie alla loro altissima letalità queste tossine possono essere utilizzate come armi biologiche e agenti di bioterrorismo
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