«La UE smetta di sostenere i produttori di armi»
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«Questa non è l’Unione Europea che vogliamo!» dicono i promotori della campagna.
«Finora prodotti di natura militare erano rimasti esclusi da qualsiasi stanziamento previsto nelle linee di Bilancio UE. Una situazione che, purtroppo, sta per cambiare. E si tratta solo dell’inizio: l’obiettivo di lungo termine delle lobby favorevoli all’industria militare è quello di ottenere un Programma completamente strutturato sulla ricerca per la Difesa (European Defence Research Programme) per un importo complessivo di oltre 3,5 miliardi di Euro nel periodo 2021-2027 Poiché, per sua stessa natura, il Bilancio UE non è ampliabile a piacimento ciò significherà in automatico l’applicazione di tagli drastici su altre linee di finanziamento, di natura civile. Inoltre l’obiettivo principale, già dichiarato esplicitamente, di questo tipo di sussidi sarebbe il sostegno alla competitività dell’industria militare e della sua capacità di export al di fuori dell’Unione. Con il risultato quindi di favorire anche l’invio di armi in Paesi che contribuiscono all’instabilità internazionale o stanno prendendo parte a conflitti sanguinosi, come dimostra chiaramente l’esempio delle vendite all’Arabia Saudita da parte di numerosi Stati Membri UE in questi ultimi mesi».
«Dobbiamo fermare ora questa insensata intenzione! La rete europea ENAAT, di cui Rete Italiana per il Disarmo è parte, fa dunque appello ai Parlamentari Europei e a quelli nazionali, oltre che ai Governi degli Stati Membri, per fermare fin da subito l’inserimento della ricerca militare e per le armi nel Bilancio dell’Unione Europea. Nemmeno un centesimo dei fondi pubblici UE deve finire nelle tasche delle aziende che producono armamenti. I fondi per la ricerca dovrebbero invece essere destinati a progetti che sviluppino forme nonviolente di prevenzione e risoluzione dei conflitti e ad azioni che siano in grado di affrontare le cause alla base dell’instabilità internazionale, come ad esempio il cambiamento climatico».