Le biomasse più inquinanti del gasolio
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Ciò che si legge sul rapporto Nomisma dovrebbe essere preso in considerazione anche dall’Unione Europea, cui vengono rimproverate scelte fatte sulla base di informazioni incomplete e non corrette. Secondo Nomisma, i danni dovuti alle emissioni di inquinanti tossici e cancerogeni delle biomasse possono essere di gran lunga superiori e immediati rispetto ai benefici, ipotizzati e comunque relativi, della riduzione di CO2, con un netto peggioramento della qualità dell’aria.”Effetti negativi – si legge nel rapporto – si intravedono anche per il territorio già pesantemente sofferente per il dissesto idrogeologico”. L’ipotetica riduzione delle emissioni di CO2 si basa sull’assunto teorico secondo cui “la CO2 rilasciata dalla combustione delle biomasse sia quella accumulata durante la vita delle piante e che pertanto l’effetto diretto sia neutro. Ma questo concetto si è indebolito e ora si converge sul fatto che occorre tenere conti di molteplici fattori, dal trasporto ai danni a lungo termine alle foreste”. La maggiore urgenza resta comunque quella relativa alla qualità dell’aria. “Anche con le migliori tecniche di combustione, quelle più moderne che si vorrebbero incentivare con il nuovo conto energia, si arriva con le biomasse a valori di emissione che sono sempre superiori di oltre mille volte a quelle dei combustibili gassosi”. E secondo i dati EEA e INEMAR, sono superiori anche a quelle relative al gasolio. Ci sono poi altri fattori da considerare: i costi dei trasporti per le importazioni di biomasse; i danni alle foreste per la produzione di materia prima; la dispersione sul terreno di parte del legno; la modifica della destinazione d’uso da terreni per coltivazioni alimentari a coltivazioni per la produzione di biomasse. Il rapporto critica anche la politica degli incentivi e la tassazione che favorisce le biomasse.
A Nomisma ha replicato Fiper, aderente al Coordinamento Associazioni Rinnovabili Termiche ed Efficienza Energetica (CARTE). “Non esiste un dato statistico attendibile che censisca l’impiego effettivo di biomassa legnosa, soprattutto in ambito domestico. Il boom registrato nel 2012 dalle stime, rappresenta una quota significativa di legna “emersa” dal mercato sommerso, ma già da sempre utilizzata e che la crisi attuale ha sicuramente incrementato” dice Fiper. “Fermare gli squilibri per noi significa eliminare forme di incentivazione che hanno prodotto rendite di posizione e distorto il corretto funzionamento del mercato. In particolare si chiede l’eliminazione del coefficiente k=1,8 ai CV riconosciuto agli impianti che producono energia elettrica dall’impiego delle biomasse legnose, dissipando il calore prodotto. Questo incentivo ha distorto il mercato di approvvigionamento delle biomasse a scapito delle aziende di teleriscaldamento che producono energia termica senza incentivi, non favorendo l’uso virtuoso di questo combustibile attraverso la co-generazione. In merito alla questione ambientale ci rifacciamo per ora a quanto detto nel già citato intervento dell’ing. Tomassetti. Diversificare il rischio e le fonti di approvvigionamento rimane la scelta più oculata e lungimirante anche per promuovere una politica di autonomia energetica nazionale basata sulle risorse presenti sul territorio. Ci auspichiamo che il nuovo Governo rivisiti la Strategia Energetica Nazionale e che le risorse destinate alla ricerca di nuovi giacimenti di idrocarburi o a metanizzare aree montane a bassa densità abitativa, siano destinate a promuovere filiere virtuose, quale quella della filiera bosco legno energia legata, in primis, al teleriscaldamento che permette di utilizzare “ il petrolio verde” presente nei nostri boschi abbandonati, malati e/o incendiati”.
Le posizioni restano evidentemente opposte.