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Mafia: confisca record al re dell’eolico

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All’imprenditore noto per i suoi affari nell’eolico, Vito Nicastri, sono stati confiscati beni per 1,3 miliardi di euro su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Legambiente: “Fuori Cosa Nostra dalla green economy”.
Non un affiliato ma una “pedina fondamentale” della strategia di Cosa Nostra, tanto da essere citato in uno dei pizzini sequestrati al boss Salvatore Lo Piccolo ed esser considerato uomo vicino al numero uno, Matteo Messina Denaro: la confisca record di beni per oltre 1,3 miliardi chiesta e ottenuta dalla Dia nei confronti del patrimonio di Vito Nicastri – imprenditore leader nel settore della produzione di energia fotovoltaica ed eolica – è un colpo alla mafia molto pesante. L’operazione – 43 società, 98 immobili, auto e imbarcazioni di lusso,  oltre 66 tra conti correnti, titoli e polizze assicurative confiscate -, dice il direttore della Dia Arturo De Felice, “toglierà benzina alla macchina di Cosa Nostra”. Nicastri (nei cui confronti è stata disposta la sorveglianza speciale per 3 anni) è, secondo gli inquirenti, un referente delle cosche, alle quali si rivolgeva per accaparrarsi i terreni su cui costruire gli impianti in Sicilia e Calabria in cambio di sub-appalti alle ditte a loro legate. Per descrivere la figura di questo imprenditore partito da una cooperativa agricola, trasformatosi in idraulico ed elettricista per avviare aziende impegnate nella riparazione di impianti e convertitosi poi all’installazione e progettazione di impianti per le energie alternative fino a diventare leader nel settore, il tribunale sottolinea la “certosina ricostruzione” effettuata dalla Dia. Sono gli anni ’90 e i fratelli Nicastri, sostengono gli investigatori, hanno capito bene che la protezione della mafia è fondamentale per i loro affari. Così si mettono a disposizione. “Il compendio indiziario raccolto – si legge nel provvedimento – dimostra univocamente ‘l’appartenenza del Nicastri a Cosa Nostra;.non è certamente un affiliato, ma dalle acquisizioni processuali emerge la figura di un imprenditore che non disdegna di entrare in rapporti con le imprese mafiose e di assicurare alle cosche l’ottenimento di lauti guadagni”. Il suo ruolo insomma “consiste nel fornire una
facciata legale ai rapporti inconfessabili tra la grande imprenditoria e le cosche mafiose”.
“Fare piazza pulita” della criminalità organizzata dal settore delle energie rinnovabili in Italia. Lo chiede Legambiente, auspicando che “inchieste come questa continuino per fare piazza pulita delle infiltrazioni mafiose in uno dei comparti di punta della green economy, denunciate ogni anno da Legambiente nel Rapporto Ecomafia”. “La produzione di energia pulita – afferma Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente – va tutelata e sviluppata nella legalità e trasparenza. E’ grazie alla cosiddetta ‘zona grigia’, infatti, se prosperano gli affari dei clan, capaci di mettere radici ovunque sia possibile fare business e di sfruttare collusioni e connivenze. La crescita dell’impero che oggi è finito sotto confisca è anche il frutto della scarsa trasparenza con la quale sono state gestite per molti anni le concessioni autorizzative per la realizzazione di nuovi impianti soprattutto in Sicilia”.

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