Marijuana libera in Uruguay
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Il presidente Mujica non è precisamente un estimatore della marijuana, ma è convinto che «l’effetto del narcotraffico è peggiore di quello della stessa droga». Lo ha detto chiaramente più volte: «Non difendo la marijuana» poiché «nessun vizio è buono» però «regoleremo un mercato che già esiste» di fronte al quale non è possibile chiudere gli occhi poiché la svelta repressiva contro le droghe ha fallito. Un fallimento, quello della War on Drugs, riconosciuto sia dalle istituzioni internazionali che dal suo main sponsor, quell’amministrazione americana che ha buttato miliardi di dollari senza mai riuscire minimamente neppure a sedare il traffico, tanto che l’unica campagna proibizionista davvero riuscita è stata quella dei talebani, capaci di stroncare con il terrore la produzione afghana, tornata a rifiorire solo grazie all’invasione americana del 2001.
Lo schema approvato prevede che lo stato assuma il controllo e la direzione delle attività d’importazione, produzione, stoccaggio, commercializzazione e distribuzione della marijuana e dei suoi derivati, riducendo così il pericolo che il paese diventi all’improvviso un porto franco e diventi il mercato d’elezione dei trafficanti sudamericani. La marijuana si comprerà in farmacia e per comprare bisognerà essere maggiorenni e iscriversi in un registro.
Da metà dell’anno prossimo in Uruguay sarà possibile, solo per i cittadini uruguayani o i residenti, esclusi quindi i turisti, crescere fino a sei piante alla volta in proprio oppure associarsi in club autorizzati a crescere fino a 99 piante, oppure ad acquistare fino a un massimo di 40 grammi di marijuana al mese. L’aspirazione del governo è quello di contenere il prezzo entro il dollaro al grammo, tasse comprese, per deprimere al massimo il traffico illegale lasciandogli margini risibili, anche se probabilmente il prezzo finirà per esser un po’ più alto.
Non mancano le proteste sia all’interno del paese sia nella comunità internazionale. Primo tra tutti L’Organo Internazionale per il Controllo degli Stupefacenti (INCB – International Narcotics Control Board) che ha fatto presente che così l’Uruguay violerà la convenzione del 1961 sui narcotici.
Al di là di questo allarme L’esperimento di Montevideo sarà seguito invece con grande attenzione da i governi di mezzo mondo, a cominciare dagli stati vicini.