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Oggi siamo tutti “on life”

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Oggi non c’è nessuna distinzione tra online e offline. Siamo on life. La nostra vita è per un pezzo sul web, questa è la realtà studiata e descritta dal CSIG, http://www.csigivreatorino.it/ il Centro di Studi di Informatica Giuridica di Ivrea in provincia di Torino.
“Per ogni individuo ci sono circa 200 dati sul web – spiega il giurista Mauro Alovisio – se nel 1994 solo l’1% delle persone era su internet, oggi la situazione si è praticamente ribaltata. Diventa, allora, quanto mai necessaria una normativa rigida. In Europa è stato rinnovato ad aprile 2016 il regolamento europeo sui dati ( http://www.consilium.europa.eu/it/policies/data-protection-reform/data-protection-regulation/). Il compendio normativo affronta numerose questioni fondamentali soprattutto per conferire ai singoli un maggiore controllo sui propri dati personali, anche attraverso il diritto alla rettifica, alla cancellazione e “all’oblio”, il diritto di obiezione, anche riguardo all’uso dei dati personali a fini di “profilazione” e il diritto di portabilità dei dati da un prestatore di servizi a un altro”.
A sottolineare l’importanza di un uso consapevole dei media digitali è anche il Censis che con un’indagine ha messo in guardia dirigenti scolastici e genitori sul cyberbullismo sottolinenado che l’80% degli adulti tende a minimizzare un fenomeno sempre in aumento che riguarda tanto l’aggressione verbale quanto la ripetizione del comportamento dannosso online.
Sempre dal Censis emerge che ormai l’età in cui i giovani si avvicinano ad internet si è abbassata ai 13 anni e sembra destinata a scendere ancora, motivo per cui, per arginare fenomeni e comportamenti negativi sul web, serve una rete di soggetti attenti, a partire dai genitori e dagli insegnanti.
“Non è un caso che il 52% dei presidi italiani ha dovuto gestire episodi di bullismo digitale, il 10% di sexting e il 3% di adescamento online. E nel 51% dei casi si sono rivolti alle forze dell’ordine. I genitori, dal canto loro, hanno poca consapevolezza e tendono a sminuire il fenomeno – dice l’avvocato Alovisio -. Nell’era della comunicazione digitale, dove il 91% dei giovani tra 14 e 18 anni è iscritto ad almeno un social network e l’87% usa uno smartphone connesso a internet, il Censis e la Polizia Postale e delle Comunicazioni hanno avviato un comune percorso di ricerca per capire meglio le implicazioni dell’uso delle nuove tecnologie da parte degli adolescenti. L’obiettivo del progetto è costruire un quadro di analisi utile alla progettazione di campagne di sensibilizzazione per promuovere un impiego dei media digitali sempre più consapevole sia delle loro straordinarie potenzialità, sia dei rischi connessi”.
Le ragazze sono maggiormente vittime di cyberbullismo rispetto ai compagni maschi, ma sono anche più consapevoli e chiedono aiuto ai genitori più facilmente dei loro coetanei. Purtroppo non esiste una vera e propria legge sul bullismo e il cyberbullismo, la riformasu “La buona scuola”, all’articolo 107, parla diutilizzo consapevole dei social media sia da parte dei ragazzi che del personale scolastico e ATA (amministrativo, tecnico, ausiliario)e il codice europeo ha predisposto un sistema rete tra Google, FaceBook e Microsoft sugli “hate speech” (discorsi d’odio) e come fare a contrastarli, ci sono poi le linee guida del Miur sul cyberbullismo ma, secondo Mauro Alovisio questo non basta: “Serve prevenzione. Le scuole devono adottare tutte queste misure di sicurezza senza nessun alibi. Bisogna che si stringa un patto educativo tra le scuole, le famiglie e i giovani. La scuola ha un ruolo centrale, potrebbe attivare sportelli d’ascolto su questi temi e organizzare dei veri e propri opern day. In Lombardia è stata creata una “cassetta” per dare la possibilità alle vittime di bullismo e di cyberbullismo di scrivere la loro richiesta di aiuto o il loro messaggio anche in forma anonima, è un buon passo in avanti. “
A chi si chiede se il bullo vada punito con severità, l’avvocato risponde senza indugio: “I bulli sono persone che hanno bisogno di aiuto, vanno ascoltati e aiutati con sanzioni inclusive, mai punitive.”
Auspicare ad un mondo pre internet non solo è anacroniastico ma è anche sbagliato secondo l’avvocatessa penalista Monica Senor: “Il web non ha solo rischi, offre anche molte opportunità – spiega – l’insicurezza del web è uguale a quella del mondo reale, e come nel mondo reale chi commette reato online viene perseguito  come chi lo commette offline.”
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