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Perché in Italia non ci sono tetti di paglia?

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Cara redazione, […] qualcuno mi sa dire per quale motivo i tetti di paglia, che fanno parte della tradizione sostenibile in paesi come il Giappone, il Regno Unito ed altri in Europa, non sembra avere affatto un posto di rilievo in Italia?
Dagli articoli su Terra Nuova, e dalla recente popolarità della costruzione di case di paglia, sappiamo bene quali sono i benefici dell’uso di questa risorsa valorizzata in loco. Anche i tetti di paglia, veri e propri compost sopra la casa, avrebbero lo stesso effetto. Perché non fanno parte della tradizione in Italia? O forse non sono sufficientemente informata io? […]
Cordiali saluti a tutti e rinnovati complimenti per la rivista, a cui sono abbonata fin dai primi numeri.
Ciao,
Ornella

Risponde Stefano Soldati del Centro di Permacultura La Boa di Pramaggiore (Ve) – www.laboa.org

Ciao Ornella. Voglio iniziare con una premessa storica: l’utilizzo della paglia come copertura per edifici era comune sin dall’antichità in moltissime tradizioni europee compresa quella italiana. In Italia fino alle prime decadi del 1300 anche parecchie città quali Torino e Novara erano per lo più coperte in paglia. Successivamente diversi regolamenti comunali, sia per motivi di sicurezza contro gli incendi che per motivi igienici, hanno iniziato a vietare o favorire la sostituzione della paglia con pietra o cotto. Nelle campagne di diverse regioni dell’Italia settentrionale questa tipologia (in Piemonte denominata “taragn” e in Veneto “casone”), è rimasta molto diffusa per molti secoli ancora. Con la Prima Guerra Mondiale ci fu una distruzione soprattutto nelle zone del Nord Est e successiva ricostruzione evitando materiali vegetali. Da quel momento subiranno un declino inevitabile a favore delle coperture in cotto o pietra. 
La quasi totale sparizione avviene nella prima metà del ‘900 quando, sia per motivi igienici che di decoro, ne viene imposta o auspicata la sostituzione, come per esempio il “Regolamento locale di Igiene” del Comune di Venezia che nel 1930 all’art. 153 dispone che: “Entro due anni i ‘casoni’ dovranno essere soppressi e sostituiti con case rispondenti alle esigenze del presente regolamento […]” oppure il “Programma dell’anno XVIII per l’abbattimento dei casoni” della Federazione dei Fasci di Combattimento di Padova, che nel 1940 dice: “In un’epoca di grande orgoglio nazionale, mentre il Fascismo sta potenziando un immenso Impero, l’esistenza del casone è cosa umiliante. Il casone rappresenta l’avanzo di un’epoca ormai lontana, in cui il contadino era considerato come strumento di lavoro”. In un’inchiesta condotta nel 1933 dal Consiglio Provinciale delle Corporazioni di Padova erano presenti 2644 casoni; oggi ne sono rimasti 10, di cui alcuni rifatti ex novo.
Tutto ciò premesso è chiaro che nel giro di pochi decenni è sparita la tipologia costruttiva e la relativa conoscenza tecnica. Le normative successive non hanno ripristinato la paglia o la canna palustre nell’elenco dei materiali utilizzabili per l’edilizia e prediligono per di più materiali rigidi e freddi come il cemento o l’acciaio.
In Italia c’è ancora qualcuno che propone tetti in paglia o meglio in canna palustre, ma deve chiamare artigiani provenienti da paesi quali Ungheria o Slovacchia. A Caorle (Ve) è tipico il casone dei pescatori in canna palustre. La tecnica però prevede la manutenzione e sostituzione dello strato superficiale ogni 2-5 anni a seconda dello spessore e della qualità della canna utilizzata. I tetti in paglia del Nord Europa invece richiedono una manutenzione molto ridotta. In questi paesi la tecnica si è mantenuta ed evoluta insieme alle nuove esigenze di igiene, di comfort e di estetica. 
Se un tempo si facevano tetti in paglia che conferivano all’edificio un’immagine semplice e povera, oggigiorno sono edifici raffinati ed eleganti, con una cura dei dettagli molto elevata. Un amico artigiano Gallese specializzato in tetti di paglia (in inglese thatcher) ne garantisce la durabilità attorno ai 40 anni e la capacità isolante è impressionante: supera qualsiasi tetto isolato con materiali artificiali e sintetici, mantenendo traspirabilità e salubrità dell’edificio. Avere poi un tetto pesante sopra la testa, che viene sollecitato dall’azione del sisma in modo esponenziale, è assolutamente un controsenso. La normativa attuale in Italia non esclude il manto di copertura in paglia purché abbia una struttura portante in legno. Per cui, perché non farselo? Se potessi tornare indietro il tetto di casa mia sarebbe assolutamente in paglia.
Ti consiglio due libri molto belli, oltre naturalmente al classico manuale “Costruire con le balle di paglia” di Terra Nuova Edizioni:

I Casoni Veneti di Paolo Tieto – Panda Edizioni
Tetti di paglia di Aldo Molino – Priuli e Verlucca editori

Saluti cordiali,

Stefano

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