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Torna la spesa sotto casa nelle botteghe di quartiere

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Torna l’abitudine per gli italiani di fare la spesa sotto casa, privilegiando le botteghe di quartiere che oggi sempre di più sono gestiti da immigrati. Ma anche i discount tengono, “figli” della crisi.
Sotto casa, in zona, senza prendere l’auto solo per mettere in tavola un’insalatona. Gli italiani tornano a far la spesa, con un incremento dello +0,4% del valore negli ultimi tre mesi secondo un’analisi della Cia-Confederazione italiana agricoltori su dati Istat diffusi oggi, e a farla nelle botteghe di quartiere. «Per la prima volta – sottolinea la Coldiretti – si registra nel 2015 l’aumento delle vendite (+2,4%) nelle piccole botteghe alimentari, che risultavano in calo su base annuale almeno dal 2008. Una vera novità con un balzo superiore alla crescita fatta registrare in tutte le altre forme distributive, alimentari e non, dagli iper ai supermercati. Eccezion fatta per i discount alimentari che continuano la corsa e mettono a segno a giugno un +4,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso».  Il ritorno alla spesa di quartiere è stimolato dal proliferare in città dei negozi ad orari no limits gestiti da immigrati. «Si stima – continua la Coldiretti – che oltre 6 milioni facciao regolarmente acquisti per almeno un prodotto/servizio presso negozi di prossimità gestiti da cinesi, persone del Bangladesh, indiani, maghrebini, ecc.». A trainare il fenomeno sono i negozi di frutta e verdura, ma vanno forte anche le vendite di altri prodotti alimentari, oltre ai casalinghi, nonché sapone e detersivi. Le imprese di commercio al dettaglio gestite da stranieri sono complessivamente 125.965 e, in controtendenza alla crisi, sono cresciute del 13,4% dal 2011, secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati dell’annuario Censis 2014. Lo studio evidenzia che l’incremento più forte (+33,9%) riguarda proprio i negozi di frutta e verdura, e che quelli guidati da immigrati rappresentano il 10%. La situazione di mercato è molto varia, anche se c’è una sorta di specializzazione per etnia che va dagli spacci dei cinesi dove si vende di tutto a un euro, agli egiziani che vendono soprattutto la frutta con orari di apertura molto allargati e utili alle esigenze di una vasta platea di consumatori. L’aumento delle vendite nelle botteghe, a cui spesso si affiancano i mercati degli agricoltori, «è un fatto positivo poiché – sostiene la Coldiretti – contrasta la riduzione dei servizi di prossimità, l’indebolimento del sistema relazionale, dell’intelaiatura sociale e spesso anche della sicurezza sociale dei centri urbani». Tuttavia, osserva Lorenzo Bazzana, responsabile economico Coldiretti, «ci sono perplessità sull’etichettatura dei prodotti, sui parametri igienici di locali talvolta usati anche come abitazione, nonché sulle aperture e chiusure dell’esercizio spesso troppo rapide. Tutti gli operatori, piccoli e grandi, devono rispettare le norme. Le autorità preposte dovrebbero perciò controllare – chiede la Coldiretti – per evitare che dietro queste serrande si palesino rischi di dumping, di riciclaggio del denaro, o modalità poco ortodosse. Con la scarsa conoscenza dell’italiano, ci si chiede, come si può ottemperare alla vendita di prodotti freschi, a scadenza. Bene in generale il boom di acquisti nei piccoli esercizi. Con meno referenze – conclude Bazzana – si perde meno tempo, è più facile attenersi alla lista della spesa, si risparmiano costi di benzina. L’ortofrutta è reperibile, non fare scorte consente di portare freschezza a tavola»

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