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Adolescenza, come cambiano figli e genitori

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Adolescenza: cambiano i figli agli occhi dei genitori o i genitori agli occhi dei figli? L’intervento di un nostro lettore, Francesco D’Ingiullo.
Libertà! Libertà! È il grido che vuole uscire da questo corpo in trasformazione, questo corpo in balia di un cambiamento radicale paragonabile per entità solo a quello fetale.
Questa trasformazione è proprio un voler uscire dal guscio, dall’utero familiare, acquisire indipendenza, avere la possibilità di farlo, assumere i tratti dell’adulto, identificarsi con il mondo adulto. Ma allo stesso tempo avere dentro di sé, e anche più accentuate, tutta l’emotività, la giocosità, l’impetuosità pulsionale dell’infanzia. Un cambiamento fisico incontrollabile che stimola l’irrompente voglia di cambiare le cose perfino al di fuori, anche a costo di scontrarsi con la cultura dominante. Cambiare, cambiare è l’obiettivo perché si è in balia di un cambiamento viscerale irruento.
Non vi è età più bella, più piena di possibilità di sperimentazione, più ricca d’intraprendenza, di amicizia che conta nel profondo e, purtroppo di conflittualità e di caos, di quella adolescenziale. Si tratta di una crisi intesa come processo di cambiamento evolutivo e in quanto tale è un momento di grandi possibilità. La crisi non sarebbe traumatica se fosse accompagnata considerando tutti i fattori in gioco e se fossero favoriti spazi di espressione, di creatività, di ricerca, di sperimentazione, di contatto, di sviluppo emotivo e sessuale e, non da ultimo, di caos, perché ogni crisi è accompagnata dal caos. Solo così si può permettere il compimento di questa trasformazione così potente e far emergere la creativa saggezza che i giovani hanno dato prova di possedere e che può essere reale fonte d’insegnamento per gli adulti.
Ma come possono gli adulti tenere testa a questo cambiamento costellato di caotica conflittualità quando essi stessi si trovano a confrontarsi con i propri conflitti personali che riemergono. È vero, i figli cambiano a vista d’occhio nel turbinio emotivo e pulsionale, ma non sono gli adulti la vera fonte di contraddizione non lasciando spazio all’indipendenza che ferisce perché sottolinea ancora di più il proprio avanzare con l’età, oppure pretendendola, l’indipendenza, quando si ha voglia che se la sbrighino da soli, senza considerare che ognuno ha il proprio ritmo per maturare l’autonomia necessaria?
A livello familiare si è di fronte ad un vero e proprio lutto. Lutto per i ragazzi che vedono cadere il mito dei loro genitori, visti fino a poco tempo prima come dei valorosi supereroi. Lutto per i genitori che vedono il figlio bambino trasformarsi così repentinamente in giovane adulto. Lutto per l’adolescente che perde il suo corpo bambino. Ed è proprio questa perdita che genera quel forte senso di estraneità che permea l’autopercezione dell’adolescente. Il ragazzo o la ragazza in questo cambio metamorfico d’identità possono perdersi nel processo che può essere paragonato ad una vera depersonalizzazione psicotica con il rischio più attuale che mai di patologizzare e iatrogenizzare il fenomeno nel momento in cui si perde di vista la sua complessità. E di fatto oggi ci troviamo di fronte ad una vera e propria caccia al disturbo da certificare che rischia di trasformare l’infanzia e l’adolescenza in una malattia da medicalizzare normalizzando ristretti e rigidi spazi vitali a discapito dell’inclusione e della comprensione. [1]
In una visione complessa non si può dimenticare che da un punto di vista maturativo l’adolescenza è la fase in cui si consolida tutto il vissuto anteriore, in cui riemerge l’esperienza delle fasi precedenti fin dalla vita intrauterina. La struttura fisico-caratteriale va a costituire definitivamente quello che era stato delineato fino ad ora compiendo il processo di integrazione dei vari sistemi nervoso, neuromuscolare e neuroendocrino. Ed è per questo il momento in cui possono emergere somatizzazioni varie o difficoltà particolari nell’affrontare il grande cambio fino a disturbi più gravi come quelli alimentari o forme di depressione e psicosi o rifugio nelle droghe includendo anche tutto ciò che questo comporta a livello individuale e sociale. Ma in realtà l’adolescenza, nelle condizioni favorevoli, può essere proprio l’occasione ultima di riconvertire momenti di disagio, stress e trauma in maturazione e integrazione delle varie funzioni peculiari dell’essere umano come sottolinea il lavoro di prevenzione dell’Ecologia dei Sistemi Umani. [2] Funzioni che riguardano il maturare una coscienza ecologica che ci pone in contatto con il vivente in maniera pienamente razionale e, allo stesso tempo, pienamente emotiva.
Se da un lato i genitori in questo momento perdono definitivamente la loro influenza perché è più importante il gruppo di amici, la scuola, la rete sociale, e oggi virtuale, dall’altra diventa più importante che mai il loro modo di stare con i figli, il modo di accompagnare questo processo. E non si tratta solo dei genitori, ma anche degli insegnanti e di tutti gli adulti che diventano punti di riferimento. Si tratta, per gli adulti, di stare in contatto con questo processo, di ritrovare il contatto con la propria adolescenza, di riconoscere e comprendere i propri figli, non di disconoscere e disprezzare la nuova persona che sta emergendo come sottolinea Xavier Serrano, direttore della Scuola Spagnola di Terapia Reichiana, che parla di Sindrome di Frankenstein in cui il creatore non riconosce più la sua creatura. [3]
Se non si vuole che la crisi diventi sofferenza e disagio, se si desidera che porti al cambiamento tanto aspettato, allo sviluppo di esseri umani capaci di stare nella complessità ecologica basata sullo stare in contatto con i propri bisogni, sulla relazione con l’altro, con l’ambiente, allora dobbiamo occuparci di favorire spazi adatti a questo sviluppo e a questa evoluzione. Quando permettiamo la crisi, accogliendola nella sua complessità, stiamo dando la possibilità ai giovani di sanare anche la crisi globale in cui tutti noi, come esseri umani, siamo coinvolti nel momento storico attuale perché sono loro che vivendo la crisi dall’interno empatizzano meglio con la crisi che c’è all’esterno.
[1] Iosa, R., La grande malattia, 2015.
[2] Serrano, X., La Ecología de los Sistemas Humanos en el Nuevo Paradigma, 2001.
[3] Serrano, X., Conferenza Prevenzione della sindrome di Frankenstein nell’adolescenza.

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