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Afghanistan: la guerra ha portato solo altra corruzione

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La ricostruzione post-bellica è una fase di transizione cruciale per un paese che cerca di uscire da una guerra. E’ il caso dell’Afghanistan. Ma l’intervento di attori esterni, spesso direttamente coinvolti nel conflitto e con forti interessi nel paese in questione, nonché il conseguente afflusso di ingenti risorse, determinano un risultato tutt’altro che ottimale: la corruzione.
La corruzione, ovvero l’abuso di una posizione pubblica per ottenere vantaggi privati, vede in tali situazioni il realizzarsi di condizioni che ne favoriscono la sua diffusione, contrariamente ai presupposti di legalità, democrazia e libera concorrenza preconizzati dagli Stati donatori.
Questi ultimi, tuttavia, sembrano poco determinati a combatterla, ed anzi, spesso la corruzione sembra quasi essere il ‘giusto prezzo’ da pagare in cambio della pace.
Per questo si parla di ‘stato d’eccezione’ per definire quella situazione in cui la comunità internazionale, sponsor principale della democrazia liberale negli Stati in fase ricostruzione, accetta significative perdite e sprechi di denaro, forte inefficienza dei servizi pubblici, poco o nessun rispetto delle regole, libera concorrenza solo sulla carta.
Questo è quello che sta avvenendo in Afghanistan che, così come altri paesi che attraversano fasi di transizione simili, occupa gli ultimissimi posti della Corruption Perception Index, speciale classifica stilata ogni anno da Transparency International che attesta il grado di corruzione nel mondo.
In Afghanistan questo ‘giusto prezzo’ da pagare ammontava nel 2010 a 2,3 miliardi di dollari, quasi un terzo del prodotto interno lordo.
In pratica, è come se ogni famiglia afghana pagasse 100$ di ulteriori tasse ogni anno: differenza importante in un paese in cui la povertà dilaga.
Ma cosa significa nella pratica la parola corruzione in Afghanistan? E quali sono le condizioni ed i fattori che contribuiscono al suo dilagare?
In questa analisi si è tentato di approfondire e dare una risposta a queste domande, riportando dati e statistiche di rapporti di ong e agenzie Onu che da anni lavorano sul terreno.
Fonte: OsservatorioIraq

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