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Capiamo cos’è il matriarcato

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Riportiamo l’intervento di una lettrice, Laura Ghianda, sulla società matriarcale in risposta all’intervento di un lettore che ne aveva dato una lettura ritenuta “riduttive e fuorviante”.
Ho sentito il bisogno di chiarire alcuni punti sul matriarcato e soprattutto sulla spiritualità connessa.
Per portare una critica, sarebbe opportuno conoscere a fondo l’oggetto stesso della critica e non basarsi su “ciò che si ritiene sia il matriarcato”. Nella descrizione fornita da un lettore intervenuto in proposito, i significati che emergono attorno a queste società e alla loro spiritualità, società peraltro ancora esistenti in tutto il mondo, suonano riduttivi e distorti, e di informazioni inesatte non abbiamo proprio bisogno. Lo dico con il cuore in mano senza intento di offendere ma solo di aiutare a “chiarirsi le idee” a lettrici e lettori.Per prima cosa, occorre uscire totalmente dall’idea di “matriarcato” così come descritta da Bachofen: questo suo modello ancora è in voga nell’immaginario comune e persino nei testi di scuola, in wikipedia, e nelle tesi di antropologia. Mi pare anche nel pensiero del lettore che scrive.Per andare a fondo della questione e capire cosa sono “i matriarcati”, mi permetto di citare il fondamentale tomo recentemente pubblicato in italiano di Heide Goettner Abendroth “le società matriarcali-studi sulle culture indigene nel mondo”, Venexia ed. Questa autrice, citata altrove anche da voi, è l’esponente di spicco dei moderni studi sul matriarcato e parla esaustivamente di come queste società siano strutturate, di come i rapporti tra i generi si basino sulla partnership e di come i valori matristici siano diffusi in ogni aspetto del fare cultura. Una cultura non vissuta in antitesi con natura.Essendo, ripeto, società attualmente ancora esistenti, un altro importante spunto “per farsi un’idea” è il documentario recentemente uscito dalle mani di Francesca Rosati Freeman e Pio D’Emilia, “Nel nome della Madre”, sulla vita e organizzazione del popolo dei Moso, in Cina. Persino la corrispondente voce Wikipedia sui Moso è totalmente inesatta e intrisa di quel modello matriarcale voluto dall’antropologia classica, che non ha saputo cogliere la peculiarità di queste alternative sociali. Attraverso queste fonti ci si può fare un’idea di quale sia la realtà vissuta da queste persone e di come sia lontana dai pregiudizi culturalmente diffusi sul “matriarcato”.Fondamentale è ricordare che “matriarcato” non è il contrario speculare di “patriarcato”. I “valori della madre” non sono il parallelo opposto ai “valori del padre”. E questo è un punto chiave per uscire da ogni ambiguità e approcciarsi a questi modelli di società con un nuovo sguardo.Dopo questo breve excursus, vorrei focalizzarmi sull’aspetto spirituale collegato a questi “valori della Madre”, del quale mi occupo con passione attraverso il mio personale lavoro.L’assenza di questi valori nell’attuale agire cultura è drammatico e ignorato spesso anche dalle posizioni più originali e rivoluzionarie. Il lavoro di recupero e ricerca dei valori matristici e dei simboli a questi connessi è complesso, appassionante, vasto, totalizzante nel senso che assorbe ogni energia di chi ci si dedica e difficilmente è riassumibile in poche righe. Ma è un lavoro fondamentale che ha ancora poca voce.Le stesse correnti spirituali ancora esistenti, oltre alle principali religioni monoteiste, come già è emerso nel vostro articolo, non sono “neutre” ma spesso connotate da uno sbilanciamento verso il “maschile”. Siamo così abituate/i a questo, che non riconosciamo più questo squilibrio. Ma la cosa non è affatto irreversibile. E tutto va fatto, tranne che “lasciare che sia così”. Tentativi in questa direzione ce ne sono vari, e vi voglio parlare di quello che porto avanti io assieme ad altre donne in Italia (Trento, Torino, Venezia, Roma).La mia formazione è avvenuta presso il “Goddess Temple” di Glastonbury (UK), primo tempio europeo dedicato al sacro femminino e a una spiritualità indigena riconosciuto ufficialmente da un governo europeo (quello inglese) da diciamo… 1500 anni circa.Il tempio offre una ufficiale formazione al sacerdozio al sacro femminino, aperta a sia a donne che a uomini. La comunità di Glastonbury è un esempio in continua formazione di come si possa lavorare a una rivoluzione matristica “dal basso”, cioè a partire da ogni singolo membro. I valori di quello che è chiamato “Madremondo” sono pubblicati e consultabili da tutti, anche in italiano, al sito del tempio ( http://goddesstemple.co.uk/the-vision-of-the-motherworld/la-visione-di-madremondo/): basta uno sguardo per consolare il sig. Benini e assicurare dell’assenza di sacrifici, umani o animali che siano. Per quanto riguarda “la storia”, è impossibile ricostruire perfettamente come tali società di partnership funzionassero. Ma un’idea esaustiva emerge dalla colossale opera di Marija Gimbutas, archeomitologa che ha portato alla luce un numero incredibile di prove permettendo di dipingere i tratti salienti delle raffinate culture dell'”antica Europa”, e a lei rimando.Un punto essenziale per comprendere il contributo di queste attuali filosofie nel nostro Occidente, è notare il legame che si scorge tra Grande Madre, Pianeta Terra, e Donna: a partire dall’affermazione di quel pensiero dualista-dicotomico che ancora oggi domina le nostre menti, il destino/la considerazione che l’umanità ha per la Grande Madre, è in parallelo con quella che ha per la Terra e per la parte femminile dell’umanità. Nel momento in cui la donna viene vista solo per alcuni limitati aspetti, ad esempio come “oggetto sessuale” o “mero contenitore di figli”, la Terra/Natura seguirà lo stesso destino. E viceversa.Ecco che la fertilità e il bisogno di propiziarla rappresenta oggi l’ottenere il frutto per soddisfare tutti i bisogni dell’uomo. Ecco che oggi lo sfruttamento è fuori controllo. Il vostro stupendo giornale esiste anche per contrastare questo modello distruttivo. Per davvero offrire alternative, non può essere ignorata come parte importante il lavoro di ri-scoperta della spiritualità della Grande Madre. Nella visione “maschilista” di una parte della cultura, è un attimo interpretare ogni atto di una religiosità sconosciuta come “bisogno di propiziare la fertilità”, così come è un attimo scivolare nell’interpretazione delle statuette di Dee rinvenute come “Dee della fertilità”. Si è fatto, si fa ancora. Ma lo sguardo di questa interpretazione è di parte.A questo aspetto “fertile” se ne affiancano altri, e non meno importanti, che cerchiamo col nostro lavoro di ri-membrare: figure archetipiche ricchissime di significati complessi e quasi dimenticati: come la Fanciulla, l’Amante, la Madre, la Vecchia Crona, spesso rigettate e negativizzate da un nuovo sentire religioso che ne ha cooptato solo le parti “più docili” e funzionali al nuovo ordine che si andava a imporre.Questi sono archetipi non solo appartenenti alle donne, ma anche agli uomini. E il lavoro di riscoperta degli stessi è visto nella sua utilità per l’intera sfera sociale: la Madre non discrimina tra figli e figlie, come prima cosa. La Grande Madre anzi, contiene nel suo ventre ogni polarità, compresa quella maschile-femminile. In questo senso, “Grande Madre” non è il contrario di “Dio Padre”. E’ proprio “altro”.La natura, in questa visione, non è quindi tanto “da propiziare”, specie in un’epoca in cui da essa ricaviamo fin troppo. E’ piuttosto da comprendere come manifestazione visibile dei misteri della Grande Madre. In quanto tale, sacra anche se materia. “Materia” non è più contrapposta e subordinata a “spirito”.Le celebrazioni non sono tanto un “revival nostalgico” del passato. Devono essere significative nel tempo di oggi. Non necessitiamo del sangue sacrificale, simbolo che già deriva da un passaggio al patriarcato: volessimo andare in quella direzione, riconosciamo tutta la forza e la sacralità del sangue mestruale, rappresentante la morte senza necessità di violenza sull’altro da sè. La “Ruota dell’Anno” è uno dei possibili strumenti di ri-significazione della realtà alla luce di questi nuovi-antichi archetipi: la sacralità è in ogni momento del quotidiano e non rigidamente separata dal classico concetto di “profano”. E’ “cosa di tutti/e” e non riservata a persone “elette” o peggio coi “superpoteri”.Ogni stagione corrisponde a uno o più aspetti dell’esistenza, in un intreccio-tessitura di significati anche molto complessi e via-via affinati e sperimentati dalla singola persona, che quindi non necessita più di un “intermediario che indichi cosa fare”. Le implicazioni sono fondamentali: ogni singola persona diviene così consapevole del proprio peso e del proprio agire nel mondo. Un agire sacro e co-partecipe della Creazione, sempre in corso e sempre in divenire. Ci sta tutto con la necessità di rivedere il modo in cui consumiamo, non trovate? ;-)La temporalità, da virile linea retta nel pensiero attuale cattolico, diviene circolare e più precisamente una spirale ove non “torna l’uguale” (ricordiamo il “mito dell’eterno ritorno”?), ma si è in grado di coniugare l’importanza della dimensione ciclica con la consapevolezza che al compimento di ogni ciclo “non si può più essere gli stessi”. Inoltre, il ricordare che agiamo anche all’interno di “cicli” significa sfatare il mito della crescita vettoriale e ininterrotta, che appunto non fa i conti con ciò che ci circonda.La ruota è dotata anche di differenti spicchi, ciascuno con proprie peculiarità. Così aiuta ad andare oltre al pensiero rigido duale, e a vedere la realtà come composita di varie sfumature non necessariamente in antitesi o in guerra tra loro.La stessa organizzazione cambia: le sacerdotesse non sono “ordinate in gerarchia”, non c’è un leader o guru carismatico da seguire, nemmeno una “alta o somma sacerdotessa” come si vede in certi film o si legge in certi libri, per quanto belli e suggestivi.Il modello femminile non è piramidale, ma a cerchio. E il significato di “sacerdozio” cambia radicalmente rispetto all’esperienza che comunemente si ha di questo ruolo.Sembra un’utopia. Non lo è. E’ un cammino in divenire.In coscienza che siamo tutte e tutti educate/i e immerse/i in modelli fortemente patriarcali, nessuna/o di noi ha “la Soluzione”, è “illuminata/o”o “liberata/o” e non lo diventerà nell’arco di una sola vita.Non abbiamo un pacchetto di “soluzioni perfette e ricette pronte all’uso”. Nel perseguire i nostri scopi abbiamo sbagliato e sbaglieremo ancora ma non ci diamo per vinte/i.La strada per comprendere e agire la Madre nel mondo è ancora lunga.A noi spetta di compiere i primi importanti passi. A qualcuno/a tutto questo risuonerà, ad altre/i no. Va bene così. E’ nella naturale complessità della realtà.Purchè però sia data la possibilità di spiegare le cose come stanno da chi le vive “dall’interno”. Per liberarci da idee fuorvianti e vetuste nonchè da fantasie di società ove ad essere violente e detenere “quel” tipo di potere che ancora oggi vediamo, è il femminile. Laura GhiandaSacerdotessa della Dea, Sacerdotessa di AvalonTrento http://lauraghianda.blogspot.it/FB “Dea in Trentino Alto Adige – I volti della Grande Madre”

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