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Centrale all’olio di colza: disastro ambientale

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A Bedonia i cittadini si mobilitano per dire no alla centrale a olio di colza che dovrebbe sorgere a Bedonia (Parma) con emissioni nocive e odorigene di fortissimo impatto su ambiente e salute. E l’amministrazione pare abbia fatto marcia indietro.
L’associazione Rete Ambiente Parma denuncia una situazione particolarmente grave a Bedonia, provincia di Parma.
“Il Comune di Bedonia (PR) avrebbe sottoscritto una convenzione con la ditta Evifacility s.r.l. per la costruzione, l’esercizio e la manutenzione di un impianto di cogenerazione elettrica alimentato a olio vegetale, della potenza massima di Kw 999, finalizzato alla produzione di energia termica da utilizzare per alimentare la piscina comunale. Tale centrale brucerebbe 2.000 tonnellate annue di olio di colza, forse addirittura di più dato lo scarso rendimento del combustibile, con emissioni nocive ed odorigene incredibili per un impianto pubblico ma soprattutto aperto al pubblico. Molti studi, infatti, indicano che un motore diesel alimentato con oli vegetali ha un calo di rendimento che provoca un maggior consumo e nel contempo un aumento di emissioni. Si tratta in questo caso di concentrazioni di PM10 e di polveri ultrafini notevolmente maggiori che non dalla combustione dello stesso gasolio, con aumento delle frazioni più pericolose, quelle inferiori ai PM10. Con un contenuto di IPA (idrocarburi policiclici aromatici, doppio rispetto a quello generato dal gasolio e con un forte incremento delle concentrazioni di ossidi di azoto (dati di uno studio del 2002 della Provincia di Bologna). Altre ricerche evidenziano la formazione di benzene e butadiene che diffuse nell’aria portano a pericolosi composti come PCB e diossine, formaldeide e ozono (tutte sostanze ignorate o sottostimate dalle aziende proponenti e dai costruttori degli impianti). L’ozono stesso è un inquinante secondario che si forma in atmosfera a partire dagli ossidi di azoto, se le condizioni sono favorevoli, come quelle estive (smog fotochimico). Tutta la combustione di biomasse produce,infatti, significative emissioni di ossidi d’azoto e quindi d’estate aumenterà la concentrazione di ozono, nocivo per la salute. Accenniamo di sfuggita che occorrerebbero circa 1500 ettari di coltivazioni dedicate per rispettare il dettato regionale della filiera corta, tanto sappiamo che il biocarburante verrebbe importato come capita per tanti altri impianti similari. Pare che l’amministrazione ora abbia fatto marcia indietro e rinneghi l’accordo con la ditta proponente e che questa, a sua volta, voglia rivalersi legalmente nei suoi confronti. L’importante è che i cittadini sappiano e vigilino”.

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