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Cinigiano sconfigge le biomasse

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L’associazione “Vita al microscopio” segnala una vittoria della popolazione, sostenuta dal dotto Stefano Montanari, che da anni sostiene la pericolosità del nanoparticolato. Non si farà l’impianto a biomasse a Cinigiano (Grosseto).
Cinigiano è un piccolo comune in provincia di Grosseto posto sul confine senese. Come spesso accade in Toscana, il paesaggio è bellissimo e, per di più, la terra e il clima sono ideali per la coltivazioni di viti pregiatissime che danno vini come, tra gli altri, il Brunello di Montalcino. Ma anche l’olio locale non è da meno per qualità.
A meno di un tiro di schioppo da quei vigneti si stava allestendo un impianto a pirolisi per la produzione di biogas che sarebbe stato bruciato per produrre poco meno di tre MW di elettricità. In cambio di quell’energia, dall’inquinamento provocato dal processo sarebbe arrivato un colpo durissimo per le viti, per gli ulivi e per tutte le attività turistiche della zona. La salute degli abitanti, poi, avrebbe subito un altro colpo e il terreno stesso sarebbe stato modificato per caratteristiche chimiche. A guadagnare sarebbe stata solo la ditta che proponeva la centrale, e il guadagno sarebbe arrivato grazie al sistema folle d’incentivi che vige in Italia.
Forse pochi sanno che il nostro Paese dispone di una capacità di produrre energia che supera i 120 GW (miliardi di Watt) in aumento, mentre il consumo e di circa 25 GW con una tendenza in calo, così come denuncia l’Autorità per l’energia elettricità ed il gas, un ente garante dello stato. Insomma, non solo noi non abbiamo bisogno di energia, ma non sappiamo che farcene di tutta quella che abbiamo, e di questa situazione così particolare garantisce lo stato.  Malgrado  ciò, chi produce energia viene premiato proprio dallo stato con una valanga di quattrini. È così che un esercito di imprenditori d’assalto ha trovato una miniera facile per fare soldi. Poco importa se, facendo tutti i conti, il consumo energetico degli impianti a biomasse supera, e non di poco, l’energia prodotta. Questo secondo i calcoli della Cornell University, una delle università più prestigiose del mondo.
Tornando a Cinigiano, un vinificatore che si era reso conto di come il suo vino pregiatissimo il pregio l’avrebbe perso e un albergatore che aveva capito che di ospiti ne avrebbe visti sempre meno incaricano il dottor Montanari di occuparsi della questione insieme con l’avvocato Michele Greco ed altri consulenti. La reazione di chi stava dall’altra parte fu quella solita: “Fate ciò che volete: l’impianto si farà lo stesso perchè noi abbiamo tutte le carte in regola.”
E, invece, in regola c’era ben poco e davanti alla relazione ambientale e sanitaria del dottor Montanari, a quella legale dell’avvocato Greco e a quelle degli altri consulenti, la conferenza dei servizi si è vista costretta ad impedire lo scempio. Il risultato è quell’impianto non si farà.
Un trionfo? Per il dottor Montanari siamo intorno al ventesimo successo su altrettanti casi di cui si è occupato, ma si tratta di vittorie che poco incidono sul panorama nazionale. In questo momento le centrali italiane di questo tipo o analoghe a quella di Cinigiano sono nell’ordine delle migliaia e moltissime funzionano del tutto all’insaputa degli abitanti della zona i quali nemmeno si rendono conto della devastazione cui sono destinati non solo ad assistere ma di cui sono ignari protagonisti.
Il danno economico immediato è più che evidente: noi produciamo energia elettrica che non ci serve, la produciamo consumando più quanta non ne esca dal processo e, non contenti, la paghiamo a cifre esorbitanti, del tutto fuori del mercato. A questo si aggiunge il disastro ecologico e sanitario, un disastro che non ha le proporzioni locali di un inceneritore di rifiuti ma che è diffuso capillarmente sul territorio nazionale e, dunque, arriva dovunque.
Montanari ha vinto ancora, ma la domanda è: “Quanti impianti funzionano e quanti stanno per funzionare senza che nessuno intervenga?” E, inevitabilmente, l’altra domanda è: “Quanta corruzione c’è in quel business?”
Roberta Doricchi

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