La gravidanza è un momento magico per una donna, un’esperienza meravigliosa nella quale si acquisisce grande consapevolezza nei confronti della vita, del proprio corpo e delle proprie emozioni.
La maggior parte delle donne quando scopre di portare nel grembo una nuova vita si pone parecchie domande circa la vita dopo il parto, il nome da dare alla propria creatura, la preparazione del corredino, la lista nascita e tanti altri quesiti che riguardano i passaggio dall’essere una donna incinta all’essere una mamma. Personalmente, quando ho scoperto di aspettare Federico la prima cosa che mi sono chiesta è stata dove avrei dato alla luce il mio bimbo. Ho sempre creduto fermamente nel fatto che il luogo in cui si sceglie di accogliere il proprio cucciolo all’inizio della sua vita al di fuori del grembo materno sia di fondamentale importanza. Un luogo che ricorderai per il resto della tua vita.
Prima di rimanere incinta mi era capitato spesso di pensare che mi sarebbe piaciuto partorire in casa. Ho sempre visto male il fatto di far nascere Federico fra medici, specializzandi, flebo, in un ambiente asettico quale quello ospedaliero. Purtroppo in Italia questo tipo di pratica non è ancora vista di buon occhio, senza contare che casa nostra, con i suoi 173 scalini, non è certo logisticamente comoda in caso di corsa all’ospedale per qualsiasi problema.
Qualcuno mi aveva parlato del “Centro nascita alternativo” situato all’interno dell’Ospedale San Martino di Genova, una specie di oasi felice gestita da sole ostetriche, nella quale poter partorire in tutta tranquillità, senza medici, senza medicalizzazioni, seguendo i ritmi della natura e portando al centro dell’evento nascita la serenità e la dignità della donna e del nascituro. Nato nel 2000, il CNA è una delle poche case di maternità presenti in Italia, una realtà che ,naturalmente, nel resto d’Europa è già ben avviata e conosciuta.
La struttura
Cosa differenzia dunque una casa di maternità dal normale reparto ospedaliero?
Certo, già la struttura è di per sé molto allettante. Camere singole dalle pareti colorate,con bagno privato, a differenza di un normale reparto, per garantire l’intimità della donna e del suo compagno, piccole vasche o docce per chi desidera usare l’acqua calda per alleviare i dolori delle contrazioni, postazione per il cambio del bebè direttamente in camera, una cucina in condivisione con le altre partorienti, per permettere ai papà prapararsi un the o altro durante il travaglio e per condividere i pasti con le altre coppie di neo-genitori dopo il lieto evento e, naturalmente, una grande stanza con vasca per il parto in acqua.
Salta invece subito all’occhio l’assenza del “nido”, quella specie di acquario con vetro dietro il quale vengono “posteggiati” i bimbi in caso di stanchezza della mamma e, tassativamente, nell’orario di visita. Questo perché al CNA non sono previste visite, al di fuori, naturalmente, dei papà e dei nonni. Questa soluzione viene adottata per incentivare la mamma a tenere con sé il proprio piccolo fin dalla nascita, giorno e notte, al fine di aiutare l’avvio dell’allattamento e di facilitare la conoscenza fra mamma e bambino. Nessun ammasso di visi attaccati al vetro, con bebè che piangono disperati sotto gli occhi di decine di parenti in estasi, dunque, ma la totale tranquillità di cui necessita una donna che ha appena compiuto un’impresa bella, sì, ma anche stancante.
Durante gli incontri preparatori tenuti dalle gentilissime ostetriche è possibile visitare il centro, nonché ricevere tutte le informazioni utili a compiere questa importante scelta, fermo restando che la donna in qualsiasi momento del travaglio può decidere di cambiare idea e passare al reparto “tradizionale”.
Chi può accedervi?
Al CNA possono accedere tutte le donne che abbiano avuto una gravidanza fisiologica e che siano a termine, purchè non si tratti di un parto gemellare. Questo perché in una struttura del genere si effettuano solo parti naturali. Nel caso si renda necessario un intervento medico, la partoriente viene tempestivamente trasferita in sala parto o sala operatoria, situate allo stesso piano del padiglione. Parto naturale significa, ovviamente, nessuna induzione, nessun farmaco e nessuna epidurale. Proprio questo è il principale motivo che spinge molte donne a desistere. In un mondo in cui si cerca di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, sembra anacronistico non usufruire dei benefici di cui la scienza ci ha dotato e decidere consapevolmente di affrontare a testa alta i dolori del parto per la maggior parte delle donne è pura follia.
Proprio per questo le ostetriche invitano le interessate a riflettere bene sulla propria scelta, che non deve essere dettata dalla maggiore accoglienza delle stanze o dalla prospettiva del parto in acqua, oggi particolarmente di moda. In quanto di fronte ai dolori del parto solo le più motivate, coloro che affrontano questa esperienza con la giusta filosofia, riusciranno a non desistere.
La mia esperienza
Ho deciso di partorire al CNA circa un mese prima della scadenza. Il mio desiderio era dare alla luce il mio bimbo in acqua. Ho fatto la cartella clinica al Centro Nascita Alternativo alla 36esima settimana ed ho cominciato il conto alla rovescia.
Quando sono arrivata alle 2 di notte di venerdì 18 ottobre 2013 all’ospedale S. Martino con le contrazioni in atto, ho subito precisato che volevo partorire al CNA e le ostetriche mi hanno accompagnata a fare un monitoraggio al termine del quale mi hanno sistemata in una bella camera con mio marito. Di tanto in tanto un’ostetrica passava a controllare come stessi, senza invadenza e con grande discrezione, ma per tutto il tempo posso dire di essermi sentita come a casa. Fuori dalla stanza, una grande culla in yuta attendeva il mio piccolo. Non posso dire che sia stato un travaglio breve né indolore e non nego che a un certo punto avrei voluto non l’epidurale, ma direttamente il cesareo! Ciononostante mi sono sentita coccolata e appoggiata da tutte le ostetriche che mi hanno saputo spronare, ricordandomi come la natura nella sua perfezione ci abbia dato tutte le forze e le energie per affrontare tutto questo e come dare la vita non possa essere “semplice”. Pur desiderando partorire in acqua non mi hanno portata subito nella vasca, affinchè l‘acqua calda non rallentasse le contrazioni. Solo all’avvicinarsi del momento delle spinte sono entrata in acqua e posso dire che quell’ultima ora di travaglio sia stata la più emozionante. Con la musica di Enya in sottofondo, mio marito a sostenermi accanto alla vasca e le ostetriche pronte ad accogliere il mio piccolo, Federico è nato alle 15.56 di sabato 19 ottobre, dopo circa 14 ore di travaglio.
Certamente in un reparto tradizionale mi avrebbero fatto un’iniezione di ossitocina per accelerare il travaglio, ma sono felice di aver aspettato che la natura facesse il suo lavoro, con i suoi tempi.
I tre giorni di degenza a seguire sono stati molto intensi, io e il bimbo insieme ventiquattro ore su ventiquattro grazie al rooming-in previsto dal Centro abbiamo così avuto modo di conoscerci e di entrare in sintonia, aspetto fondamentale per l’allattamento.
Grazie all’ambiente familiare, è nata anche una bella amicizia con un’altra neo mamma, anch’essa entusiasta della struttura e soddisfatta della scelta “non convenzionale” del parto.
E’ curioso notare che anche a livello internazionale (Alternative Birth Center) venga definito “alternativo” un parto naturale. Paradosso dei nostri tempi…