Di Yoga si parla molto, ma volte poco si sa. Esistono in commercio moltissimi corsi che si distinguono per i diversi approcci, o per l’ attenzione rivolta maggiormente verso uno specifico aspetto dello Yoga. Si può quindi affermare che esistono molti yoga?
La risposta è no. Lo yoga è uno solo, e quello che vediamo oggi nel mondo è lo sviluppo di un’antica disciplina, una disciplina che si porta sulle spalle millenni di storia e di cambianti sociali e culturali. Per trovare lo stile giusto a cui approcciarsi è importante riuscire a rispondere alla domanda: lo Yoga in definitiva cos’è? Conoscendo la risposta il praticante sarà più libero e consapevole di scegliere lo stile giusto che risponde alle sue esigenze e al suo temperamento. La storia dello yoga è costellata di testi sacri, maestri illuminati, grandi divulgatori.. ma solo uno è il testo principale da cui tutte le ricerche successive devono far riferimento per poter crescere e rimanere sulla strada della tradizione, mi riferisco allo Yogasūtra di Patanjali.
Patanjali ha avuto il merito di riunire le varie conoscenze “sparse” riguardanti lo Yoga e organizzarle in modo strutturato attraverso l’istituzione di 8 mezzi (Aşţānga, dal sanscrito Otto Membra, o mezzi) che danno alla disciplina un corpus e un metodo molto concreto e preciso. La parola Yoga deriva dalla radice sanscritaYuje significa unione, per ottenere questa unione (tra spirito e materia o tra coscienza inferiore e coscienza superiore), Patanjali indica un percorso costruito su questi otto mezzi, i quali sono:
1.Yama:(i 5 comportamenti da evitare: Non violenza -Ahimsā, Non appropriazione indebita -Asteya, Non falsità -Satya, Continenza sessuale -Brahmacarya, Non possessività -Aparigraha);
2.Niyama:(i 5 comportamenti da adottare: Purezza -Śauca, Accontentamento -Samtoşa, Aspirazione interiore -Tapas, Studio e conoscenza delle sacre scritture e quindi del proprio se’ -Svādhyāya, Abbandono al signore o Abbandono allo Spirito Supremo -Īşvarapraņidhāna);
3.Āsana:Posture fisiche
4.Prāņāyāma:controllo del Prana (esercizi respiratori per controllare l’energia vitale);
5.Pratyāhāra:raccoglimento (ritiro dei sensi dai loro rispettivi oggetti esterni);
6.Dhārāņa:concentrazione;
7.Dhyāna:meditazione;
8.Samādhi:stato spirituale, assorbimento, contatto con l’Atman (di cui ne esistono diversi livelli).
Ma qual è il fine dello Yoga? Patanjali risponde alla domanda fin dal secondo versetto del primo capitolo:
“yogaś-citta-vŗitti-nirodhah”
La cui traduzione è: lo Yoga è la soppressione (nirodhah) delle fluttuazione o modificazioni mentali (vŗitti).In sintesi, lo Yoga è la capacità di arrestare l’attività disfunzionale della mente, intesa come una tendenza della mente a funzionare in maniera incontrollata e irrazionale, sia nel suo aspetto cognitivo che emotivo.
Il fine ultimo dello yoga, racchiuso anche nelle parolemoksha(liberazione) esamadhi(autorealizzazione, assorbimento, estasi), è una continua ricerca di espansione della propria coscienza, per poter annullare quella dualità che contraddistingue la condizione umana universale, ovvero quella trascuratezza o dimenticanza dell’identità fondamentale esistente tra spirito e materia e tra tutti gli esseri umani.
Nadia Berti