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Il diserbante che non ti aspetti

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Per estirpare le erbacce in città, i cosiddetti operatori “ecologici” ricorrono ancora ai diserbanti. Ecco la lettera indignata di una nostra lettrice, che scopre con sconcerto che queste pratiche non sono ancora cadute in disuso.
Gentilissimo Direttore,
credevo di aver capito che siamo tutti sensibilizzati nei riguardi della chimica; credevo fosse ormai chiaro che senza l’alchimia della natura questa povera Terra martoriata potrebbe morire; speravo finalmente in un’inversione a U, soprattutto nei nostri comuni del nord così civilizzati, rispetto al resto del mondo!
Immaginavo che la differenziazione della spazzatura, la separazione dell’umido, la raccolta degli indumenti, dei vetri, della carta, che il senso civico ci portasse anche a pagare tasse e tributi salati, pur di vedere le nostre strade pulite, la nostra salute salvaguardata; immaginavo che i bambini potessero crescere in un paese dove la coscienza civica cominciava finalmente ad emergere dalle storture del medioevo industriale. Mi sentivo al sicuro con le tante associazioni ambientaliste, le “pulizie del mondo” che ogni anno vengono promosse per sensibilizzare gli alunni delle scuole. Ero tranquilla per tutte le istituzioni che garantiscono la salute pubblica(Nas, Asl), per i controlli locali e la prevenzione.
Un piccolo particolare era sfuggito in questi ultimi anni, eravamo tutti un po’ più contenti nel vedere che ai bordi delle strade non c’erano più quelle sterpaglie che crescevano a dismisura: stavo quasi per complimentarmi con i responsabili delle nostre istituzioni locali per la pulizia che effettuavano, pur con qualche remora su alcuni aspetti.
Con mia sorpresa, ma soprattutto con raccapriccio e grande incredulità ho visto fermarsi un furgoncino con l’insegna del comune; l’operatore ecologico (alla faccia!!) usava un tubo che sembrava di quelli per innaffiare e mi sono chiesta: “Oh, bella! A cosa serve lavare i marciapiedi, quando c’è ancora l’erba da tagliare!”
L’ho visto indossare guanti e mascherina e dopo un po’ una nuvola giallognola di goccioline e vapore si è sprigionata tutt’intorno e l’arietta della mattinata, limpida e frizzante, la spargeva ancora di più; dentro i giardini privati, verso il campo di grano poco distante che già nei giorni scorsi aveva subito l’oltraggio dei disinfestanti e degli antiparassitari, provocando nausea a noi che abitiamo nei dintorni. STAVA SPARGENDO DISERBANTE!
Inviperita ho cercato i numeri degli amministratori comunali e ho dichiarato i miei timori per quella pratica velenosa. Mi sono chiesta come mai quei baldi giovani che amano definirsi “operatori ecologici”, che si dichiarano “salutisti” perché lavorano a contatto con la natura, usino strumenti così pericolosi per evitare di fare flessioni nello strappare erba, o l’antico movimento delle braccia per spazzare le strade, oppure sollevare pesi e creare marcite che saranno l’humus del prossimo anno, e poi recarsi in palestre a sollevare pesi aridi, sterili e inerti, voler mostrare muscoli artificiali e pagare abbonamenti salati. Abbiamo inventato i lavori socialmente utili, incrementato gli organici di operatori ecologici per tenere pulite le strade; abbiamo aumentato i tributi comunali a dismisura e cosa ci abbiamo guadagnato: CI PROPINANO VELENI A GO GO!
Qualcuno di loro, alle mie ansiose richieste di spiegazioni, ha risposto: “Cosa vuole che sia? Per un po’ di diserbante!” Forse avrà pensato che poi, dopo le prime piogge tutto sarebbe scivolato via. I soliti stolti che curano il proprio orticello!! Invece l’acqua, che è molto più intelligente di loro, scivola nei tombini, corre verso le falde acquifere, sbocca nei fiumi, nel mare, evapora, si trasforma in pioggia, neve, bagna le montagne, crea sorgenti e fontane naturali  e poi cerca di tornare alle origini, e dove? Sulle nostre tavole, ovviamente! I commenti non servono più, forse è ora di guardare un po’ più lontano del proprio naso, magari pensare ad un futuro più limpido per i figli e i nipoti, passare all’azione, al boicottaggio di certe male-pratiche nocive per tutti, cani compresi che girano col muso a terra proprio sui bordi delle strade.
Abbiamo le case invase da zanzare che non si riescono a debellare. Le amministrazioni comunali si sono accaparrate anche questo onere, pagando fior di quattrini (sempre i nostri) per esperti e cocktail chimici che hanno sortito l’unico effetto di renderle più forti.
Basterebbe incrementare i pipistrelli, che vanno scomparendo proprio grazie alla chimica. Basterebbe mettere un filo di rame nei contenitori dell’acqua che rimangono all’aperto.
Basterebbe ripetere il gesto antico dei nostri nonni che spargevano verderame sulle viti, spruzzandone piccoli quantitativi dove ristagna l’acqua.
Basterebbe… ma non si fa nulla, si perpetua nell’errore! Forse costa troppo poco? La chimica ha reso aridi continenti immensi e sta sconvolgendo il DNA del genere umano, ma in modo troppo rapido, creando confusione nelle cellule, come ben sappiamo.
Mi chiedo, caro Direttore, cosa possiamo fare ancora, almeno noi che questa sensibilità l’abbiamo acquisita e ci fa star male, perché ci lascia impotenti a guardare lo sfacelo del mondo intero.  Ho proposto di mettere un paio di guanti e strappare l’erba a mano (in realtà l’ho già fatto e lo faccio tuttora) e alcuni mi hanno guardata con compassione.  Ho proposto agli amministratori comunali di essere all’avanguardia e andare contro corrente, ma mi hanno detto che il personale non basta. Sento salire la collera e l’indignazione verso questa classe politica che ha perso di vista il benessere di chi dovrebbe amministrare.
E ancora una volta, la mia genovesitudine esce allo scoperto (forse qualche antenato discendente del Balilla, chissà…)  e urlo a squarciagola da queste pagine: “Che l’inse?”.

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