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Il Natale in Cina: apologia dei consumi

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Riceviamo e pubblichiamo l’interessante riflessione del nostro lettore, Marco Terranova.
In Cina, paese dove i cristiani rappresentano il 3% della popolazione nazionale, da diversi anni ormai si festeggia il Natale.
Non è una di quelle notizie che merita la prima pagina di un quotidiano o di una rivista e forse non è nemmeno una novità che possa meravigliare la maggior parte delle persone; molto probabilmente invece è solamente la fisiologia di un sistema malato che per funzionare ha bisogno di questi paradossi.
Se anche nei paesi dove il Cristianesimo rappresenta il credo professato dalla maggioranza dei cittadini il Natale ha perso quasi totalmente il significato strettamente religioso, in Cina questa festività non ha, o meglio non avrebbe, ragion d’esistere in quanto si tratta di qualcosa totalmente estraneo alla cultura orientale. Ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese è laica, d’accordo, ma le religioni più largamente professate sono il Confucianesimo, il Taoismo ed il Buddismo.
I tentacoli di questa scellerata globalizzazione si sono allungati fin là, attaccandosi ad una delle più belle, affascinanti ed antiche culture del mondo. Purtroppo infatti, i cittadini cinesi che si recano nei centri commerciali, vengono attratti ed al contempo affascinati da luminarie ed alberi di Natale che decorano vetrine, negozi e strade. Non bisogna di certo essere sociologi o economisti per capire il fine ultimo di questo scempio che trova come infima e beffarda scusa l’aumento del commercio e del Pil.
Il gioco è semplice, Halloween insegna: si impianta gradualmente una nuova ricorrenza in un nuovo paese che con questa festività non ha nulla a che fare, si creano nuovi flussi di merce e di denaro che col passare del tempo si trasformano in bisogni e tradizioni, “et voilà”…le solite casse delle ormai note multinazionali si gonfiano.
Poco importa poi che le stesse persone che celebrano queste nuove ricorrenze non conoscano neppure minimamente il significato delle stesse, l’importante è conoscere quello dell’acronimo P.I.L. che tutto giustifica.

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