Con Ajahn Chandapalo, abate del monastero buddhista di Santacittarama, che si trovava in ritiro a Gressoney-La-Trinité per tre mesi, abbiamo sperimentato diversi tipi di meditazioni. Vicino a lui era incredibilmente facile entrare in uno stato meditativo.
Rispondendo alle nostre più svariate domande il monaco ha toccato punti teorici nevralgici del buddhismo Theravada (“l’insegnamento degli anziani”), diffuso attualmente in Thailandia, in Birmania e nello Sri Lanka.
Il Buddha non insegnava una dottrina che bisogna accettare ciecamente, ma suggeriva di cercare la comprensione diretta delle cose come sono, attraverso la meditazione, cioè con una osservazione distaccata e con la mente raccolta. Chiunque può percorrere questa strada e realizzare dentro di sé la pace interiore, non c’è bisogno di essere monache o monaci.
Ci sono tanti oggetti di meditazione, ma la cosa più semplice è il respiro, tutti lo posseggono e soprattutto non si compra! Il nostro respiro è “qui-e-ora”: porre attenzione alla respirazione calma le attività abitudinarie.
All’inizio la nostra mente può trovare noiosa la meditazione, perché “lei” ha sempre bisogno di cose interessanti, ma occorre andare oltre.
La meditazione è alla portata di tutti, ci vuole solo un po’ di allenamento, un po’ come camminare in montagna: ”Se sei allenato, sali meglio. Scheletro, muscoli e polmoni rispondono meglio se li abitui poco per volta. Si tratta solo di praticare, meglio 10 minuti al giorno piuttosto che un’ora alla settimana. Magari praticatela appena svegli. Basta inserire la meditazione nelle attività della giornata come una qualsiasi altra attività. Non è un impegno, è un momento di riposo, è nutrimento per il cuore” suggerisce Ajahn Chandapalo, che continua dicendo che sono due gli aspetti fondamentali della meditazione buddhista:
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nella cultura occidentale ci si identifica molto con il pensare. A questo proposito può essere utile utilizzare un mantra durante la meditazione. Ad esempio nell’inspirazione dico mentalmente “lasciare” e nell’espirazione dico “andare”. Questo stratagemma può acquietare la mente discorsiva, le continue preoccupazioni tra passato e futuro, le ansie…
Il mantra può essere un utile strumento per evitare di pensare ad altro, per rimanere nel qui-ed-ora invece di essere continuamente trascinati via dai pensieri.
Il mantra è solo un abile mezzo che può servire, dopo un po’ lo si può abbandonare per poter stare a contemplare una mente meno presa dai pensieri, mantenendo un contatto diretto con il respiro.
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occorre trovare un equilibrio tra lo sforzo e il rilassamento del corpo e della mente. Si può provare la qualità del respiro: l’inspirazione è il lato energetico del respiro, se mi manca energia posso dare enfasi all’inspirazione; se invece sono agitato o irrequieto, do’ enfasi all’espirazione rilassando i muscoli e piano piano posso trovare l’equilibrio, ma anche una mente più sveglia e vigile, più chiarezza. E’ come pulire un vetro: poi si vede meglio”.
Il monaco buddhista, durante i suoi discorsi ricorda che i pensieri che fanno capolino durante la meditazione non sono un problema, non fanno nessun male. Un pensiero ossessivo è qualcosa da investigare, richiede attenzione. Lo si può accogliere nel cuore, forse è qualcosa di non risolto. Non cerchiamo di cambiarlo, di mandarlo via, ma includiamolo accogliamolo, può darsi che ci voglia tempo. Ci può essere disagio, incertezza, ma possiamo essere in pace anche nel non sapere, nell’ammettere di non sapere.
I pensieri possono essere intelligenti e ragionevoli, a volte sono orribili: in certe occasioni, non si può non avere pensieri, ma si può non essere ingannati dai pensieri!
La saggezza che viene dalla consapevolezza intuitiva non usa concetti o pensieri, è qualcosa di diverso, è qualcosa che va oltre, è un tipo di intelligenza naturale, una comprensione che deriva da una mente spaziosa e vigile.
Quando la mente è catturata da cose senza importanza posso farmi questa domanda: chi sono? La mente allora si svuota, io divento vigile, c’è un vuoto, c’è consapevolezza di questo vuoto; è uno stato molto ricettivo ed è utile per riportare l’attenzione al qui-e-ora.
La meditazione ci aiuta ad imparare che tutto è mutevole, che niente rimane stabile e sempre uguale. Se abbiamo capito questo concetto, non possiamo più essere delusi se qualcosa cambia e va contro le nostre aspettative. Si può imparare a vivere meglio, a essere più sereni nella vita ordinaria, anche fuori dallo spazio e dal tempo della meditazione. In ogni attività possiamo essere consapevoli con un livello di benessere libero da fattori esterni. Con la meditazione, siamo anche capaci di sopportare pazientemente i momenti più difficili, quando le cose non vanno come vorremmo”.
“Può esser utile avere uno spazio dedicato alla pratica della meditazione” suggerisce Ajahn Chandapalo.
“Anche se non si ha una stanza dedicata, basta avere un angolo con un cuscino, un piccolo altare una statua o un quadro del Buddha. Poi basta un piccolo rito per iniziare, magari accendere una candela e fare tre inchini; tutto serve psicologicamente ad entrare nell’atteggiamento esatto della meditazione, ad entrare nello spazio sacro.
A volte non si ha voglia, si è stanchi, di cattivo umore. Forse questi sono i momenti più importanti per praticare. Ho praticato anch’io da laico, comprendo la sfida, ma ho capito l’importanza della meditazione. Anche se a volte saltavo l’appuntamento con il mio gruppo di meditazione, cercavo sempre poi un momento per meditare. Frequentare un gruppo può essere stimolante e aiuta ad essere costanti.
Durante la giornata se ci sono pause si può meditare, respirare con consapevolezza, contemplare lo stato mentale, diventare più consapevoli della nostra mente. Si può meditare camminando, una trentina di passi, e poi si ritorna indietro. Si crea comunque uno stato di benessere, di contentezza.
La pratica di meditazione deve essere legata a un modo di vivere: quando al Buddha è stato chiesto un sommario del suo insegnamento, lui ha detto: fare il bene, evitare di fare il male, purificare la mente.
La meditazione aiuta a purificare la mente, è accorgersi delle intenzioni di avversione, avidità, illusione che tentano di creare sofferenza alle persone. L’importante è non seguirle con la mente o reagire ciecamente.
Fare il bene vuol dire avere un cuore generoso, non necessariamente avere grandi progetti. Può voler dire essere disponibili quando si presentano opportunità durante la giornata: a volte basta un sorriso, una parola gentile. Se la rabbia, l’avidità, l’irritazione, la frustrazione ci invadono, dobbiamo stare attenti, perché possiamo provare sofferenza se ci lasciamo condurre da queste forze.
Dobbiamo sviluppare un’integrità morale in modo da non creare sofferenza ad altri esseri viventi attraverso parole e azioni. Così si vive liberi dal rimorso e in modo cosciente.
Il Buddha consigliava 5 precetti per vivere liberi dalla sofferenza:
1. non uccidere intenzionalmente, prova rispetto per le altre forme di vita
2. non prendere quello che non è tuo
3. evita comportamenti sessuali inappropriati che creano sofferenza
4. evita parole nocive o non vere
5. evita alcol o droghe poiché vanno contro la ricerca della chiarezza e della consapevolezza che si ottengono con la meditazione”.
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Ecco le meditazioni di Ajahn Chandapalo che abbiamo fatto in quei giorni in montagna
Meditazione di base
Troviamo una posizione abbastanza comoda, con laschiena drittama non rigida (con la schiena dritta si ha a disposizione più energia, con la schiena curva c’è il rischio di addormentarsi), le spalle sono rilassate. Se ci sono difficoltà a sedersi per terra, si può anche meditare su una sedia, invece di passare il tempo a lottare con il dolore.
Per terra ci si può sedere con le gambe piegate o nella posizione del loto o del mezzo loto.
Mettiamo un cuscino appena alla base della schiena, così le ginocchia scendono sul pavimento: questa è unaposizione stabile, nello stesso tempo ci possiamo rilassare e rimanere dritti.
La testa è ben equilibrata, il mento leggermente tirato verso il centro del petto. Si può allungare la schiena rilassando le spalle, con gli occhi chiusi.
Nel caso venga sonnolenza, possiamo tenere gli occhi socchiusi con lo sguardo rilassato, unlieve sorriso sulle labbra: se fuori è grigio, nuvoloso, fa freddo e piove, dentro di noi si può accendere comunque una luce. Rilassando la mandibola, si può fare un lieve sorriso e si avverte subito una sensazione di leggerezza. Rivolgiamo ora un’attenzione gentile verso il proprio corpo e vediamo come viene sperimentato qui-ed-ora, come possiamo accogliere il nostro corpo con atteggiamento dolce e ricettivo.
Percepiamo un senso di verticalità del corpo, la spina dorsale come un’asse centrale e unsenso di solidità del corpo, il suo peso e il suo calore (che è energia naturale).
Abbiamo la sensazione di contatto, di pressione del corpo sul pavimento e sul cuscino, sentiamo il tocco dei vestiti, l’aria sulla pelle.
L’attenzione è rivolta al corpo intero visto come un insieme di sensazioni che unificano corpo e mente. Ci riposiamo in questa semplice consapevolezza del qui-ed-ora.
Sostenendo questa attenzione rivolta al corpo viene spontaneosentire il processo respiratorio, le sensazioni collegate al respiro e si può enfatizzare questo processo seguendo tutte le fasi dall’inizio dell’inspirazione fino alla fine poi l’espirazione.
Ogni volta che ci si distrae, con pensieri sul futuro o rimuginando il passato, è sufficiente rendersene conto eriportarsi al respiro, con molta dolcezza e gentilezza.
Non importa quante volte ci si perde, si può sempre ricominciare, con un atteggiamento di grande pazienza e perseveranza.
Di tanto in tanto occorre controllare la postura, la schiena è dritta e la testa ben equilibrata.
Non stiamo cercando di ottenere qualcosa, non vogliamo arrivare da qualche parte o conquistare qualcosa, ma questasemplice attenzione rilassatasi può applicare nel qui-e-ora con il corpo e il respiro (riferimento principale), rilassandosi in questa semplice consapevolezza.
Dovec’è raccoglimento la mente è più calma e serenae nello stesso tempo c’è energia e vigilanza, c’è equilibrio tra sforzo e rilassamento. Si sviluppa gradualmente una presenza mentale più continuativa.
Se c’è un eccesso di sforzo si diventa più tesi e nervosi, irrequieti; se c’è un eccesso di rilassamento c’è torpore e fantasticheria e ci si addormenta. Piano piano si può sviluppare questo equilibrio di presenza mentale sostenuta e può avvenire con senso di agio, benessere, tranquillità piacevole.
Si può mollare la presa dal respiro e aprirsi ad unaconsapevolezza inclusiva, aprirsi alla totalità dell’esperienza che stiamo vivendo, semplicemente dimorando nella consapevolezza delle cose così come sono.
È utile tenere ancora un lieve riferimento al respiro e al corpo per non essere trascinati via nelle vecchie abitudini mentali. Si può osservare e testimoniare le cose come sono ed essere disponibili ad osservare quello che si manifesta nella coscienza: sensazioni, pensiero, immagini mentali, ricordi. Tutto ciò, come il respiro, inizia, cambia e se ne va.
Ogni fenomenosegue questo stesso processo,inizia e svanisce. Osserviamo la mutevolezza, l’impermanenza.
Dimorando nella consapevolezza della mutevolezza possiamo essere in pace con le cose come sono. Quando finisce la meditazione, se riuscite mantenete la consapevolezza includendo il mondo esterno.
Meditazione sul Metta,la gentilezza amorevole
La gentilezza amorevole è una qualità che il Buddha ritiene importante per sviluppare energia positiva dentro di sé e per relazionarsi in modo armonioso verso l’esterno, ma anche per contrastare una mente ipercritica e negativa e per mitigare rabbia e paura che causano sofferenza a se stessi e agli altri.
Iniziamo pensando al nostro corpo con atteggiamento gentile, stabiliamo una presenza mentale neutra, stiamo nel qui-e-ora.
La schiena è dritta, l’asse centrale della spina dorsale è leggermente centrato verso il cuore, il luogo della sensibilità naturale.
Non focalizziamo l’attenzione su di un oggetto. La consapevolezza è qualcosa che scaturisce da un rilassamento interiore che permette di aprire il cuore, occorre trovare accesso ad una qualità naturale.
Un modo per aiutarci è di annunciare a se stessi delle parole, un augurio: che io possa stare bene, libero da ogni sofferenza, felice.
Sentiamo un calore che si espande dal nostro cuore riempiendosi di energie positive. Immaginiamo raggi di luce d’oro che si irradiano dal cuore riempiendosi con la luce della gentilezza amorevole, che toccano ogni cellula del nostro corpo con questa energia positiva e universale.
Ci vuole tempo, pazienza, restiamo non in tensione, ma disposti ad accogliere il momento così come è.
Permettiamo alle barriere intorno al cuore di sciogliersi, in modo che questa qualità naturale – la gentilezza amorevole – si espanda e trabocchi verso l’esterno.
Possiamo generare Metta radiando verso tutte le persone in questa stanza, pensando che tutti possano essere felici, liberi dalle sofferenze, nonostante tutte le differenze tra noi, condividiamo il fatto di stare bene, di stare in pace…
e gradualmente allarghiamo il campo, inseriamo tutte le persone nella casa, augurando che tutti possano stare bene.
Inviamo Metta dal nostro cuore a tutti gli esseri viventi in questa regione.
Irradiamo raggi di luce d’oro toccando tutti gli esseri viventi, il cuore si espande abbracciando con amore tutti gli esseri viventi senza distinzione
Continuiamo a espandere il campo di Metta per coprire tutta l’Europa, tutti gli esseri viventi che sono come noi, sono soggetti alla vecchiaia, alla malattia e alla morte e non vogliono soffrire.
Allarghiamo ancora il campo per arrivare a tutto il pianeta. Senza distinzione di razza, nazionalità, religione, idee politiche, siamo tutti sorelle e fratelli nella vecchiaia, nella malattia, nella morte.
Il cuore non ha fondo, il Metta non deve essere creato, ma solo incanalato è un’energia positiva universale che tutti abbiamo dentro.
Irradiamo Metta attraverso l’universo totale, in ogni direzione, forse ci sono altri pianeti abitati nell’universo e altri esseri viventi che vogliono essere liberi dalla sofferenza
Rilassiamoci in questa consapevolezza aperta, con un atteggiamento non giudicante, mente e cuore aperti e spaziosi, dove c’è posto per tutto, dove possiamo avere una prospettiva sulle cose come sono, dove non reagiamo con avidità o avversione, ma siamo in pace con il flusso dell’esperienza cosciente.
Chi è Ajahn Chandapalo
Ajahn Chandapalo è abate del monastero di Santacittarama (“giardino del cuore sereno”), il primo in Italia della tradizione del Buddhismo Theravada. E’ stato fondato nel 1990 e si trova a circa 50 km da Roma, a Poggio Nativo, in provincia di Rieti.
Oltre agli eventi ricordati sul sito, è probabile che si terranno dei ritiri nel fine settimana nei pressi di Catania a metà maggio e sul lago di Garda a fine giugno; un ritiro più lungo (5-6 giorni) è previsto in Toscana per la prima settimana di settembre.