“La nostra battaglia per vivere in una yurta”
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Una famiglia in Valchiusella ha comprato un terreno nel 2010. Vi raccontiamo la loro storia, attraverso le loro parole. Una storia di burocrazia miope, di un sistema che nemmeno si sente in dovere di confrontarsi con i cittadini. Questa famiglia lancia un appello, vorrebbe creare una vera e propria comunità o un’attività di B&B in yurta, cominciando spendendosi in prima persona. Chiunque voglia contattarli, sostenerli, aiutarli, troverà anche i riferimenti.
“Siamo una famiglia composta da due adulti, un bambino di 10 anni, una bimba di 5 e 3 gatti. Crediamo nel rispetto di tutte le forme viventi e cerchiamo di vivere nella maniera più ecologica possibile. Da tempo desideriamo trasferirci in montagna e la nostra ricerca ci ha portati in Valchiusella dove nel 2010 abbiamo acquistato un terreno edificabile. Lì avremmo voluto far costruire una casa ecologica in legno, abbiamo chiesto ed ottenuto il permesso, cominciato i lavori… finché abbiamo avuto bisogno del mutuo, che ci è stato più volte negato, negato (perché non siamo lavoratori dipendenti e non perché siamo persone delle quali diffidare), interrompendo il nostro cammino.
Volendo fortemente andare ad abitare sul nostro terreno e volendolo fare a breve scadenza (oltretutto abitiamo in affitto), pensa che ti ripensa, abbiamo scavato nella memoria e ripensato ad una bellissima esperienza fatta anni fa in una yurta. La yurta è una abitazione tipica dei popoli nomadi dell’Asia ed in particolare della Mongolia, dove viene chiamata yurt o gher, che significa “casa ricoperta di feltro”. Si può erigere e smontare in poche ore, essendo concepita per essere una abitazione nomade, ma nonostante questo è una abitazione salda, che protegge i suoi abitanti dai forti venti e dai rigidi inverni delle steppe asiatiche. Scopriamo sul web che esistono oggi versioni più moderne della yurta, fatte con materiali più consoni ai climi umidi, materiali termoriflettenti, traspiranti e con altri accorgimenti tali da renderla una abitazione stabile, sicura, confortevole e assolutamente decorosa (non che quella tradizionale non lo sia…). In USA moltissime persone vivono oggi in queste yurta “tecniche”, ed in Europa si stanno moltiplicando le esperienze soprattutto al Nord. Oltre all’aspetto “residenziale” la yurta si presta molto ad un utilizzo turistico, per chi vuole provare l’esperienza di soggiornare in una abitazione antica e moderna allo stesso tempo, con forme e materiali in armonia con la natura.
Abbiamo quindi proposto al Comune di mettere nel nostro terreno una yurta di circa 9-10 metri di diametro da utilizzare come abitazione per noi ed i nostri figli, da installare sopra il seminterrato già quasi ultimato (avremmo quindi avuto accesso alla yurta direttamente dal seminterrato, di cui avremmo inoltre potuto sfruttare i servizi igienici). Inoltre abbiamo chiesto di poter mettere nel nostro terreno una yurta da utilizzare come Bed and Breakfast, per dare inizio ad una attività turistica. Abbiamo esposto le nostre motivazioni: economiche perchè non possiamo costruire la casa in legno senza mutuo mentre le yurte sarebbero subito alla nostra portata, ma anche ecologiche perché la yurta è una abitazione in perfetta armonia con la natura (come vorremmo vivere noi), non è costituita da materiali inquinanti o che possano danneggiare l’ambiente. Abbiamo mostrato raffigurazioni di yurte perfettamente integrate nell’ambiente montano – quale è il luogo dove l’avremmo costruita -, e per nulla deturpanti. Abbiamo parlato del possibile richiamo turistico, secondo noi con un buon potenziale di riuscita (basta fare una piccola ricerca sul web per scoprire che il piccolo Portogallo conta quasi 20 Bed&Breakfast con yurte, la Francia addirittura 40). Abbiamo ribadito la temporaneità della yurta come abitazione, in quanto l’avremmo smontata non appena in grado di riprendere la costruzione della casa in legno.
Dopo un mese dalla nostra richiesta, arriva una lettera di “non accoglimento” della proposta su tutti i fronti . Addirittura ci è stato fatto divieto di installare una yurta da utilizzare come B&B anche qualora riuscissimo a costruire una “vera” abitazione in legno o mattoni.
Ora, quello che ci ha più colpito è che questo è un comune con un tasso di spopolamento incredibile. Gli abitanti sono poco più di 400; negli anni 80 c’erano 3 sezioni di scuola elementare, ora non c’è più nemmeno la scuola… solo nel piccolissimo centro abitato si possono contare almeno 20 cartelli “vendesi” nel raggio di 200 metri o poco più… sul web si trovano almeno 50 annunci di vendita di case.
Ci sovvengono articoli di giornali e servizi giornalistici in tv in cui si parla di spopolamento delle montagne, dei giovani che se ne vanno e non tornano, del fatto che nessuno ha la voglia, o i mezzi, per restare e creare attività economiche o turistiche… e il dibattito sulla crisi economica e i racconti di persone che pensano che il futuro sia nella “decrescita felice”, nel convogliare sforzi e (pochi) soldi in un futuro sostenibile dal punto di vista umano ed ecologico, nonché la ricerca sempre più attuale di forme di abitazione il più possibile ecologiche, sostenibili, non invasive.
Non ci aspettavamo di venire accolti con applausi e braccia aperte, ma prima di un secco diniego senza nemmeno valutare con noi il progetto, eravamo fiduciosi di poter fissare un nuovo incontro, per discutere serenamente della nostra proposta , disposti a modificare, se necessario, alcuni particolari della costruzione. Insomma speravamo che regolamenti paesaggistici e leggi comunali potessero trovare una qualche forma di adattamento, per far sì che un comune sempre più spopolato accogliesse una famiglia desiderosa di andarci a vivere e di instaurare una piccola attività economica. Speravamo avessero la voglia e la forza di accoglierci, di scommettere su di noi e perché no, di dare insieme vita ad un esperimento basato su un tipo di abitazione antica ma rivista in chiave moderna, che potrebbe essere una valida soluzione come abitazione a basso costo e minimo impatto ambientale. Purtroppo così non è stato… Ed il nostro sarà l’ennesimo cartello “vendesi” tristemente visibile passeggiando nel paese. Siamo delusi; il sindaco ci ha totalmente chiuso la porta in faccia, che anche se in futuro dovessimo fare una casa in muratura o legno, comunque non ci permetterebbe di mettere nemmeno una yurta nel giardino; gli abbiamo scritto chiedendogli un nuovo colloquio (visto che al telefono non si fa trovare) e non ci ha nemmeno richiamato. Quini abbiamo messo in vendita il terreno con il seminterrato. Ma siccome permane la nostra intenzione di abitare in una yurta e avviare un eco campeggio in yurte, vorremmo chiedere ad alcuni ecovillaggi già esistenti se hanno possibilità (ed intenzione) di accoglierci sia come famiglia sia come progetto di eco campeggio”.
Per contattare la famiglia:
email info@smagatto.it
telefono: 3498432662 – Barbara