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La trazione animale è una scelta etica?

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La lettera di Alberta riapre il dibattito intorno all’articolo pubblicato su Terra Nuova Settembre 2012 “La trazione animale è una scelta etica?”.
Una scelta culturale ed emotiva
Ho letto con interesse il dibattito “La trazione animale è una scelta etica?” sul numero di Settembre 2012 di Terra Nuova e vi ringrazio per averlo affrontato su questo giornale che da anni s’impegna per in-formare noi lettori.
Sono totalmente d’accordo con Fabio e Lella e, nonostante non mi piacciano le classificazioni, sono naturalmente e semplicemente vegana.
Comprendere, accettare, cogliere le sofferenze degli animali non è semplice quando non si è consapevoli dei propri gesti, quando le abitudini e gli automatismi ci guidano facendoci credere di essere noi i padroni delle scelte che facciamo. Poi, a un tratto, come al mattino, ci si sveglia e si comincia un nuovo giorno; per me è stato così.
Dopo anni da vegetariana che mangiava latticini, ho visto nella pastorizia lo sfruttamento e la sofferenza animale. La cosa incredibile è che è stato sempre tutto davanti ai miei occhi, ma è come se fossero stati chiusi.
Poi, così come già non mangiavo carne umana e poi carne animale, è stato naturale non mangiare neanche alimenti per produrre i quali l’uomo si arroga il diritto di schiavizzare un animale e decidere della sua vita (cosa deve mangiare, quando riposarsi, dove vivere, con chi accoppiarsi, cosa fare).
La mia è stata una scelta culturale, ma prima ancora emotiva; è stata una scelta fatta dalla mente, ma che è passata dal cuore. Dalle viscere è partita un’emozione, poi è risalita passando al cuore e lì si è trasformata in un pensiero di rispetto verso gli animali. Ma a dirlo a parole è difficile.
La posizione di Libralato è chiara ed è riassunta in questa frase all’inizio dell’ultimo intervento: “Da ultimo va considerato il vantaggio socio-economico derivante dall’uso dell’energia sostenibile animale e delle moderne tecnologie”. Il senso di tutto penso che sia racchiuso qui: finchè si pensa solo al proprio vantaggio non si vede nient’altro che quello; finchè c’è solo il soddisfare le proprie esigenze, le proprie comodità e abitudini, il proprio ego, esiste solo quella dimensione e il resto non conta nulla, si passa sopra tutto, sopra le sofferenze, sopra le lacrime, i dolori, le grida, e non si sente nè si vede nulla.
Comunque l’umanità, per comprendere la sofferenza animale, deve riconoscere anche quella umana. Gli schiavi ci sono ancora, nei campi della Puglia a raccogliere pomodori, nei cantieri e nelle fabbriche di tutta Italia. Comprendere la sofferenza degli animali ci aiuterà a vedere meglio anche quella dell’uomo e ad uscire da un sistema individualista per ritrovarsi e riconoscersi parte del tutto.
Dibattiti come questo mettono nel cuore dei semi che prima o poi germogliano, e di semi ne stanno germogliando sempre di più.
Grazie, Alberta

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