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Libera scuola: le critiche di una lettrice

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Proponiamo la lettera di una lettrice di Sondrio critica sull’articolo che ha trattato delle alternative non confessionali alla scuola pubblica: scuole steineriane, montessoriane, educazione libertaria e parentale. Con la risposta dell’autore dell’articolo.
L’articolo sull’alternativa alla scuola pubblica mi ha lasciato davvero sconcertata. Sono d’accordo con la critica alla nostra scuola statale le cui lacune ed il cui decadimento, frutto di anni di politiche sbagliate, sono sotto gli occhi di tutti. Non sono però d’accordo sulle alternative proposte e sul concetto di base che porta a considerare come valide tali alternative. Sono addirittura contraria a considerare che ci possano essere alternative al di fuori della scuola pubblica che richiedano finanziamenti pubblici, in modo particolare se si tratta di istruzione primaria, scuola che comunque fornisce a tutti una solida base d’istruzione. A mio avviso il problema da porsi per tutti quanti desiderano una società migliore passa attraverso una semplice domanda: partendo dal fatto che la scuola in questi ultimi anni è andata peggiorando, cosa può fare ciscuno di noi per invertire questa tendenza? Cosa possiamo fare noi, consapevoli dell’enorme valore dell’istruzione, per migliorare la situazione della scuola italiana? Una forte qualità dell’istruzione accessibile a tutti porta infatti ad un miglioramento della società.
Stare invece a ragionare sulle alternative, potrebbe indurre facilmente a porci su un piano di superiorità guardando la scuola pubblica e coloro che mandano i loro figli con mal celato disprezzo. A questo punto qualcuno potrà obiettare che crede nella fiolosofia di Stainer, o che crede nel metodo (peraltro validissimo) della Montessori e quindi ha il diritto di istruire così i propri figli, ci mancherebbe. Ma siamo veramente sicuri che queste scuole siano migliori della scuola pubblica? Dal racconto di una persona a me vicina, mi risulta invece l’esatto contrario, proprio con un esperienza dove vi sono stati casi (che si ripetono costantemente) di bambini trattati con violenza da alcune insegnanti in accordo con i genitori. Tralasciando questo pietoso caso estremo di cui sono a conoscenza, mi sembra di capire che le imperfezioni, i difetti e la malafede delle persone non siano un’esclusiva della pubblica scuola, ma si verificano puntualmente in ogni istituto privato, come ho avuto modo di constatare anche da altri racconti. Per mia esperie diretta tutto dipende dalle persone, dalle loro qualità umane e non dal tipo di insegnamento impartito. Perchè non portiamo un po’ di Montessori o di Stainer nella scuola pubblica? Io non credo che la differenza venga fatta dal tipo di scuola, ma che la vera differenza la facciano le persone dedite al proprio mestiere, con la sensibilità e la voglia di dare il proprio contributo alla creazione di un valore per sé e per gli altri. Vi assicuro che di insegnanti così ce ne sono tanti nella scuola pubblica. Qualcuno potrebbe anche obiettare che invece nella sua esperienza è diverso, che ha trovato insegnanti scarsi che hanno danneggiato o demotivato i suoi figli. D’accordo, sarà anche così però, come ci insegna ogni percorso di crescita spirituale, di cui anche Terra Nuova è sostenitrice, i problemi esistono per essere affrontati. Un insegnante pessimo non significa che tutti gli insegnanti siano pessimi e, se si è davvero convinti di essere bravi genitori, si può sostenere i propri figli in un percorso di superamento delle difficoltà nei confronti di un insegnante impreparato o scorretto. Non sempre infatti nella vita si incontrano persone disponibili e sagge anzi, è più facile che sia il contrario e la scuola è comunque un banco di prova per la nostra evoluzione come esseri umani, quindi che male c’è incontrare difficoltà?
L’aspetto trattato nell’articolo che mi lascia però più perplessa, è riportare come esempio positivo l’educazione parentale: genitori che scelgono di essere maestri e professori dei propri figli. Questa scelta prescinde in toto dall’immenso valore sociale ed educativo dell’imparare assieme ai propri coetanei. L’uomo è un animale sociale, ed ha bisogno del contatto con i suoi simili per potersi confrontare e formare, un contatto che schiude le sue potenzialità quanto più si allargano gli orizzonti umani al di fuori della famiglia. Naturalmente mi immagino già le obiezioni delle famiglie che hanno fatto questa scelta: mi diranno che i loro figli hanno comunque occasioni per incontrare gli amici in paese, al parco, o facendo sport, a meno che anche lì non intervenga il genitore stesso, magari maestro di sci o di tennis, oppure di equitazione. Insomma insegnante dello sport che lui o lei sa fare e che quindi corrisponde a priori a quello che il figlio amerà.
Naturalmente, a prescindere dall’importanza di frequentare altri bambini fuori dalla propria famiglia, mi sembra anche questa una scelta molto snob, che sottende inconsciamente l’idea di essere migliori degli altri. Nostro figlio all’asilo non si trova bene, le maestre non sono valide, i compagni sono impertinenti (sto esagerando) e noi siamo sicuramente migliori di tutto ciò, possiamo garantire un’educazione di gran lunga superiore. Questo è ciò che sembra trasparire da queste affermazioni.
Un altro aspetto riguarda il fatto di potersi permettere l’educazione parentale. Come si mantiene una famiglia di sei persone (come il caso citato da voi) se non si va a lavorare e i due genitori stanno a casa ad istruire i figli? Magari si hanno delle rendite passive, o magari lo stipendio di un solo genitore basta per mantenere tutti quanti. In questo caso la scelta risulta comunque dettata dal “poterselo permettere”, il che non è da tutti e quindi a mio avviso non è proponibile come esempio positivo da una rivista che porta avanti il discorso della decrescita.
A questo proposito faccio notare anche che l’aspetto costi non è stato minimamente trattato nell’articolo. Le alternative da voi proposte sono davvero alla portata di tutti? Secondo me no.
Se vogliamo veramente apportare un contributo alla società, non è forse meglio lottare per migliorare il sistema piuttosto che chiamarcene fuori esplorando alternative elitarie?
Concludo ribadendo il concetto che, prima di pensare ad alternative nel campo dell’istruzionche servono probabilmente a soddisfare il nostro bisogno di sentirci superiori alla società stessa, dovremmo forse riflettere, come cittadini consapevoli su un percorso di evoluzione personale, su come ognuno di noi possa realmente contribuire al benessere di tutti, a partire dal nostro sistema educativo.
Laura – Sondrio
Risponde l’autore dell’articolo.
Cara Laura
lei è contraria! Questo è chiaro. Contraria a chè si parli delle alternative alla scuola pubblica. Ma perchè mai dovrebbe essere proibito toccare temi sui quali poche o tante persone possono avere opinioni diversissime tra loro? La sua è, appunto, una opinione; ci sono migliaia, nel mondo milioni di persone che la pensano diversamente da lei, da me, da noi, ma crediamo non sia questo il criterio sulla base del quale scegliere di che cosa si può o non si deve parlare. Noi siamo del parere che si possa parlare di tutto, nel rispetto delle diverse opinioni e senza delegittimare, criminalizzare o disprezzare il pensiero di nessuno. Neanche il suo. Il concetto di “pubblico” è prezioso, significa (o dovrebbe significare) accessibile a tutti, un diritto quindi. Ma, come lei stessa ammette, il “pubblico” nel nostro Paese, anche la scuola, non significa sempre “migliore” o “eccellente” o “adeguato”. L’equivalenza non è automatica, quando c’è è frutto di fatica, impegno e sacrificio. C’è chi pensa che la scuola pubblica, da grande opportunità per tutti, sia diventata massificazione e approssimazione del sapere, mortificazione delle diversità e delle sfumature; c’è chi è convinto che invece sia l’unica vera risorsa su cui poter contare; c’è chi ci si rassegna perchè non ha alternativa praticabili; chi se ne allontana per cercare altrove poichè lì non vede modo di cambiare il sistema. Siamo fermamente convinti che tutte le opinioni e le posizioni abbiano diritto di cittadinanza. Lei sostiene, a ragion veduta, che persone in malafede o scorrette siano presenti dovunque; è vero, ma d’altra parte chi può sostenere il contrario? Lei però afferma anche che, benchè ce ne siano anche nella scuola pubblica, questa stessa scuola pubblica non deve essere demonizzata. Quindi, perchè mai demonizzare altri approcci didattici o altre scuole se anche lì esiste qualche mela marcia? Ci sono mille esperienze diverse e nessuna assoluta. Riguardo all’educazione parentale, sottolineo che è stata riportata come una delle possibili scelte e a spiegare di cosa si tratta è stata chiamata in causa una famiglia che ha fatto questa scelta (e si trova bene) e che è diventata punto di riferimento per tanti altri che l’hanno fatta o la faranno. Lei non condivide questa impostazione, lo spiega chiaramente. Resta il fatto che è un’opportunità che esiste, è praticabile e prevista dalla Costituzione. Si può non condividerla, evidenziarne i limiti che sicuramente esistono, ma perchè dovrebbe essere vietato parlarne o farne parlare chi la scelta l’ha fatta e ne è contento?  Nell’articolo è assolutamente chiaro ed esplicito che determinate alternative, a parte l’educazione parentale, appartengono alla sfera delle scuole private e, come tali, a pagamento. Ci sono rette; le ricordo però che anche nella scuola pubblica ci sono, sin dalle scuole medie, versamenti da effettuare che vengono chiamati “contributi volontari” ma che di fatto sono vincolanti per avere assicurazioni e attività didattiche garantite. E le cifre sono le più diverse, dai 40 fino ai 150 euro, benchè una volta l’anno. Purtropp questa è una conseguenza degli enormi tagli alla scuola pubblica che tutti i governi hanno compiuto, dimostrando forse di essere i primi a non voler investire in un patrimonio così vasto e significativo. Uno degli intervistati, il dottor Codello, sostenitore delle scuole libertarie, lavora come dirigente scolastico nella scuola pubblica…eppure anche lui sogna qualcosa di diverso seppur cerchi di impegnarsi quotidianamente per migliorare il sistema. Dovremmo forse crocifiggerlo? Per fortuna si può ancora esprimere aspirazioni, concretizzare impegni e valorizzare diversità e talenti. Quello che anche la scuola pubblica dovrebbe fare.    
 

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