La scuola pubblica possiede la giusta autonomia per sperimentare modelli organizzativi ispirati alle scuole alternative e libertarie, rimanendo, al contrario di queste ultime, accessibile a tutti.
Vorrei scrivere due righe in risposta alla lettera pubblicata nel numero di giugno 2013 “Le scuole libertarie sono elitarie?” pag. 89 di Bruno Tommasini, dal momento che si fa riferimento a una mia precedente lettera. Vorrei precisare che tale risposta non ha alcun intento polemico nei confronti delle esperienze presentate e delle persone che si impegnano quotidianamente per portarle avanti (condivido tra l’altro molte cose affermate da Bruno Tommasini), bensì vuole essere un contributo a una discussione così importante quale è quella sulla scuola e sulla formazione delle future generazioni.
Per entrare nel vivo della discussione, vorrei dare una risposta netta alla domanda presentata nel titolo “Le scuole libertarie sono elitarie?”. Sì! Ad oggi le scuole libertarie sono elitarie perché costituiscono dei modelli di scuola sicuramente molto interessanti ma non in grado di rispondere ai bisogni di una scuola di massa e di una società in profondo cambiamento. A quanto ammonta una retta mensile o annua in una scuola libertaria privata? Quanti bambini stranieri, appena giunti in Italia, ci sono in una scuola libertaria? Quanti bambini portatori di handicap ci sono in una scuola libertaria? Un modello di scuola che per sua natura tiene fuori una parte significativa di società è una scuola elitaria. Ribadisco allora quanto espresso nella mia precedente lettera, ovvero l’importanza di una scuola statale accessibile a tutti e per tutti.
Quanto appena affermato non vuol dire che le esperienze di scuole libertarie siano sbagliate, tutt’altro. Sono a mio parere dei laboratori preziosissimi da cui prendere tutto quanto vada nella direzione di formare delle nuove generazioni di cittadini liberi e pienamente consapevoli delle loro scelte.
Occorre sottolineare che esistono numerose esperienze di scuola statale che scelgono e portano avanti dei modelli organizzativi estremamente avanzati (l’autonomia scolastica introdotta ormai da una decina di anni consente a ciascuna istituzione scolastica di scegliere il proprio modello organizzativo). Per citare qualche esempio si possono ricordare tutte le scuole che scelgono di adottare il modello “SenzaZaino” (www.senzazaino.it), oppure la famosissima Scuola-citta Pestalozzi di Firenze, fondata nel 1945 da Ernesto Codignola (www.scuolacittapestalozzi.it).
Tali esperienze sono l’esempio di come dei modelli di scuola non autoritaria e non gerarchica possano essere scelti anche da scuole statali: gli alunni hanno infatti un’organizzazione interna fondata sulla rappresentanza che consente loro di condividere le scelte e le decisioni dell’intera istituzione scolastica.
Per quanto riguardo poi le scuole del primo ciclo (infanzia, primaria e secondaria di primo grado), occorre sottolineare che la cultura del “programma ministeriale” da seguire a tutti i costi ha lasciato il posto a una serie di “Indicazioni” che lasciano ampia libertà di insegnamento agli insegnanti e ampia libertà organizzativa alle istituzioni scolastiche, offrendo dunque grandi possibilità alla scuola statale di potersi avvicinare ai modelli “non convenzionali” di cui stiamo parlando.
Non si tratta dunque di difendere la scuola statale così com’è oggi. Tutt’altro. Occorre riformarla e dotarla di risorse (la riforma Gelmini del 2008 ha invece tolto 8 miliardi di euro in 3 anni) perché possa davvero essere luogo in cui possano “crescere bambini che speriamo possano aver spirito critico e diventare autonomi, che sappiano rispettare il prossimo e amare il lavoro che si troveranno a fare da grandi”, così come scrive Bruno Tommasini nel suo intervento.
L’auspicio dunque è che sia la scuola statale, libera e per tutti, a crescere e a migliorare. Il proliferare di singole esperienze di scuole private, seppur di ottimo livello e con nobilissimi intenti, costituisce a mio pare un ritorno al passato, un ritorno a una società che segna necessariamente delle differenze tra i cittadini, tra coloro che possono accedere a determinati livelli di istruzione ed altri che vengono lasciati fuori. Ringrazio ancora per lo spazio dedicato a un argomento così importante.
Saluti a tutti