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Produzione del latte: facciamo dei distinguo

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In relazione alla pagina pubblicitaria “ Latte rosso sangue”, apparsa sul numero di Aprile 2012, e in attinenza con l’argomento trattato dalla rubrica “Spunti di vista“ dello stesso numero, vorrei fare un piccolo appunto.
È vero che molti, troppi animali vengono sfruttati dall’uomo e conducono una vita infelice, ma è pur vero che certe forme di terrorismo ideologico creano piu’ confusione che chiarezza e non portano a nulla.
Ho visto con i miei occhi lo stile di vita che conducono (per esempio) le vacche da latte in Alto Adige e ho visitato più malghe per rendermi conto di come vivono, dove pascolano e come vengono munte al rientro nelle stalle: non ho riscontrato “momenti di sofferenza”, né percepito situazioni di infelicità, stress o sfruttamento.
Sono casi isolati questi? Certo, ma pur veri e non pochi. Bisogna tenerne conto quando si allude a “latte rosso sangue “, non vi pare?
Se i vegani vogliono, da un lato, sensibilizzare gli onnivori sulla questione dello sfruttamento animale e dall’altro tutelare l’animale che lo subisce, dovrebbero, a mio parere, non vedere sempre il male là dove non c’è.
Mangiare carne è poco etico perché presuppone un sopruso da parte dell’uomo e sofferenza da parte dell’animale ?… va bene, è un concetto condivisibile: ne ho preso atto da tempo. Ma, che dietro un bicchiere di latte o uno spicchio di caciotta ci sia sempre un processo produttivo perverso e cruento mi sembra eccessivo e non vero.
Chi alleva animali, portando avanti tradizioni familiari, a volte centenarie, che comportano una vita dura, in sintonia con una natura splendida, ma esigente e non sempre prodiga, merita forse più rispetto pittosto che accuse di sfruttamento. Troppo semplicistico.
Distinti saluti e buona continuazione per la vostra interessante rivista, sempre presente nella mia sala d’attesa.

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