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Sementi: alleanza UE-multinazionali

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Il gruppo veneto “Coltivare condividendo” è impegnato a contrastare la tendenza, confermata da una sentenza della Corte Europea, a ritenere sempre più le sementi “proprietà” delle multinazionali. “No ad un’agricoltura del massimo profitto” dicono e aprono il dibattito al pubblico.
Il gruppo veneto “Coltivare condividendo” è nato per difendere le sementi antiche, per tutelare la biodiversità e costruire insieme un agricoltura sana, sostenibile e tipica, per difenderci da legislazioni, sentenze e imposizioni calate dall’alto e suggerite dalle poche multinazionali che controllano il 75% del mercato delle sementi. Ha anche organizzato un dibattito pubblico sabato11 agosto 2012 (dalle ore 15) alla Skasera (tra Porcen e Tomo) nel Comune di Feltre (Belluno), serata con visita all’orto comune dei ragazzi della Skasera (che hanno dai 16 ai 20 anni), semine, distribuzione di sementi e discussione su quelle che sono sempre di più  “sementi clandestine”.
Validissimo e di grande attualità il messaggio di questo gruppo:
“In questi giorni si sta parlando davvero molto di sementi – si legge in una loro nota – A stimolare in dibattito una sentenza della Corte Europea di Giustizia che, chiamata e dirimere una controversia commerciale tra due ditte sementiere francesi ha ribadito una serie di princìpi, priorità e vincoli che evidenziano quale sia la visione agricola della legislazione europea. Tale sentenza (del 12 luglio scorso) ha fatto scaturire i commenti e le prese di posizione più disparate. Qualcuno le ha attribuito la messa al bando delle sementi antiche, altri parlano di una riconferma di quanto già previsto.
Noi consapevoli del fatto che essa tocca marginalmente il nostro operare, dato che le sementi non le commercializziamo, ma le riproduciamo, scambiamo e regaliamo, abbiamo comunque letto nella sentenza della Corte di Giustizia europea un ribadire concetti, impostazioni e visioni che ci piacciono davvero poco.
Rileviamo che sempre più spesso leggi, normative, sentenze (sia a livello nazionale, europeo o di organismi mondiali) limitano sempre più l’ utilizzo, la commercializzazione e la diffusione delle sementi antiche (ma anche lavorazioni, tecniche e metodologie produttive e di auto produzione  non industriali (sia a livello nazionale, europeo o di organismi mondiali). Nella sentenza europea leggiamo ad esempio che la politica agricola europea deve essere finalizzata al “massimo profitto” e che le sementi devono essere registrate in un apposito registro europeo La registrazione costa tempo, denaro e richiede che le varietà registrate soddisfino a precisi criteri di stabilità, distinzione e omogeneità. (caratteristiche che le varietà antiche non hanno).
Da ciò si può intuire che le migliaia di varietà locali che per secoli hanno nutrito, reso uniche e particolari le nostre pietanze, caratterizzato il nostro territorio rischiano di essere passo dopo passo considerate fuorilegge, clandestine.
Leggi e sentenze che espropriano contadini, piccoli produttori, cittadino di fare ciò che da sempre si è fatto.. riprodurre, conservare e distribuire le sementi antiche, le sementi dei nostri padri, dei nostri avi.
Ciò favorisce esclusivamente le 7 multinazionali che controllano già il 75% del mercato delle sementi e che si occupano contemporaneamente della produzione di sementi, veleni per l’agricoltura e OGM.
Noi che crediamo in un agricoltura, in un coltivare, auto produrre  sano, sostenibile, rispettoso di ambiente, salute, paesaggio, territorio e relazioni (e non finalizzato quindi al mero massimo profitto) ci opponiamo con forza a questo andazzo. Consapevoli che, soprattutto in realtà e situazioni come la nostra, il solo profitto è sinonimo di un’agricoltura intensiva e speculazioni che arricchiscono solo i soliti noti, di devastazione e avvelenamento, di impoverimento del substrato (basti pensare che le Nazioni Unite ci hanno ricordato che la Pianura Padana, a causa della monocultura intensiva del mais è a rischio desertificazione)”.

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